Si stanno chiudendo i
cassetti di un anno intero. Dentro ci sono, in bell’ordine o sparpagliati,
fotogrammi in bianco-nero o a colori, a secondo dei momenti brutti o belli
vissuti. Il 2013 sta scivolando via. Da
un lato ci sono 365 giorni ormai finiti e da qualcuno tra noi archiviati con il
timbro della sofferenza; dall’altro lato, si allarga la pianura dei 365 giorni
del 2014. La fine dell’anno porta con se diverse riflessioni che si
intercettano a vicenda. Pensieri ineludibili. Pensieri pensosi.
Siamo qui per
ringraziare il Signore di un altro anno che si è, per quasi 11 mesi, identificato
con l’anno della fede, la quale conserva una connotazione personale anche
quando è professata comunitaria. Nel Credo infatti diciamo: “Io credo in Dio Padre…”. La fede, quella di
sana e robusta costituzione, sorregge e illumina il nostro cammino monastico,
da continuamente nuovi impulsi alle nostre speranze e tiene accesa la fiamma di
una carità fattiva. Il tempo, senza l’avvertita presenza di Dio, è solo un
susseguirsi di istanti che consumano e bruciano il tempo, che resta perciò
senza fecondità.
Il Signore ci dona un
altro anno per un ulteriore sforzo di conversione del nostro cuore per un
decollo decisivo verso di Lui.
Il Signore ha in mano
la storia del mondo ma è anche al timone della nostra piccola storia personale
che è inserita nel grande progetto di amore di Dio.
Te Deum laudamus. Così
tra poco canteremo con un solenne inno di ringraziamento vestito di festose
parole in latino, che riepiloga e trasforma in preghiera diversi motivi per
ringraziare Dio.
Te Deum, come un “grazie” comunitario per la presenza tangibili di
Dio in mezzo a noi nella preghiera, nei sacramenti, nella fraternità, nell’ospitalità;
per ogni miracolosa normalità accaduta nella stoffa di ogni giorno del 2013.
In altre occasioni, il
Te Deum si canta unicamente per motivi di grande gioia. Ma quello di fine anno
si presenta sempre come un Te Deum in
chiaro-scuro.
E allora Te Deum, per errori, debolezze assortite,
piccoli dissesti interiori dovuti a motivi che talvolta sono difficili da
spiegare anche a noi stessi. Ma Te Deum anche
per quando abbiamo saputo sdoganare certe situazioni che ci avevano tolto la
serenità. Non stiamo più a rimuginare un certo passato. Non guardiamo più
indietro, ci siamo già stati! Non si giudica una persona dai suoi sbagli ma
dalla sua voglia di cambiare.
Te Deum, per tutte quelle volte che siamo stati degli specialisti
delle perplessità, siamo stati esegeti pessimisti e scettici di certe
situazioni. L’arrivo di un nuovo anno ci porti ad un ottimismo sia pure
realista, per non cedere alla tentazione di “pensare con chiarezza e non sperare più”, come ammoniva Camus.
Te Deum, per quando non abbiamo fatto esercizi di comunione ma Te Deum anche per quando abbiamo
cooperato alla pace e all’armonia della nostra famiglia monastica. Te Deum per quando abbiamo voluto
seguire ostinatamente la nostra volontà e per quando invece abbiamo accolto
volentieri quello che S. Benedetto chiama “bonum oboedientiae” (Rb 71,1).
Te Deum, per quando, a motivo di certe circostanze intessute di
tristezza e di amarezza, abbiamo pensato che l’inverno fosse l’unica stagione
ma Te Deum anche per quando e quanto
abbiamo fatto circolare aria di primavera intorno a noi.
Chiediamo a Maria, che
già da stasera abbiamo iniziato a festeggiare come Madre di Dio, un supplemento
di protezione e di aiuto per il nuovo anno 2014.