Se l’Annunciazione è il “che cosa” è successo a Maria, la Visitazione è il “che cosa” Maria fa succedere.
Maria canta il suo Vangelo=lieta notizia, il Magnificat - che si snoda in una serie di contrasti - infatti è un’esplosione di gioia. Una specie di voce solista verso il cielo. “Magnificat”: Maria accoglie Dio nella grandezza che Lui ha. Ognuno di noi riceve Dio nella misura un cui lo “magnifica”, cioè gli cede grande spazio nella sua vita e questo comporta rimpicciolire il proprio io, spesso troppo ingombrante.
Maria va da Elisabetta: è il primo viaggio apostolico!
Maria in viaggio è come un ostensorio che cammina, perché porta Gesù ad Elisabetta che conierà per lei la prima beatitudine del vangelo, centrata sulla fede: “Beata colei che ha creduto…” (Lc 1,45). Per sapere se i nostri rapporti interpersonali sono positivi e sani, la prova è se ci portano Dio e dunque la gioia, quella vera.
Dei 14 verbi del Magnificat, 10 sono riferiti a Dio: ha guardato, ha fatto, ha spiegato, ha disperso, ha rovesciato, ha innalzato, ha ricolmato, ha rimandato, ha soccorso, si è ricordato. Maria, maestra di stupore, ci sgrana un crescendo di verbi in chiaro-scuro che sono una celebrazione riassuntiva della Storia della salvezza. Ci insegna a stupirci anche per ciò che la mano di Dio compie nella nostra vita.
Come ha fatto Maria, la vera fede non è mettere al centro quello che io faccio per Dio ma ciò che Dio ha fatto e fa per me. Lui, non io. L’ubriacatura peggiore che può capitare è quella di se stessi.
La Regola di S. Benedetto non parla espressamente di Maria, ma possiamo trovarne la presenza discreta in tre capitoli: il 5° sull’obbedienza, il 6° sul silenzio, il 7 sull’umiltà. Obbedienza-silenzio-umiltà sono tre virtù mariane. Così pure, il Prologo se lo leggiamo attentamente è un po’ come l’annunciazione fatta al monaco. Sarebbe interessante esaminarlo sotto questo profilo. Pensiamo, ad es. a Prol 14-16…
Così pure, non si trova nessun riferimento al Magnificat, tuttavia ne possiamo ritrovare alcune tracce che ne fanno presente lo spirito: “ Il bene di cui si è capaci, attribuirlo a Dio e non a se stesso” (RB 4,42), equivale a dire: “Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente”. E, il Prologo, completa: “… il bene lo ritengano dovuto da Dio e non per proprio merito, e per questo magnificano il Signore che opera in loro” (Prol 29). Non è forse questo “operantem in se magnificant Dominum”la traduzione monastica del Cantico di Maria?
Magnificate Dominum mecum, ci dice Maria.
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