venerdì 3 maggio 2013

SANTI FILIPPO E GIACOMO, APOSTOLI

Filippo, con disarmante semplicità da un vestito di parole alla richiesta che urge, da sempre, anche nel cuore di ogni uomo, come documenta l’AT: “Il tuo volto, Signore, io cerco, mostrami il tuo volto” (Sal 27,8). La nostalgia di quella sorgente - Dio - da cui siamo sgorgati.
“Chi vede me, vede il Padre”, e Lui è sempre a nostra portata di mano. Nel’Eucarestia, ecco perché sono necessarie soste davanti al tabernacolo che danno poi spessore di autenticità a tutto ciò che facciamo lungo la giornata; nel nostro cuore, da ascoltare nel silenzio, nei fratelli che la volontà e la fantasia di Dio ci ha messo accanto nel monastero. Nelle pieghe del quotidiano, dove ha domicilio, Lui ci da tanti e ripetuti appuntamenti, perché possiamo vederlo, toccarlo, gioire della sua presenza. Come non ricordare quei versetti della Prima Lettera di Giovanni: “… ciò che noi abbiamo visto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato” (1Gv 1,1). L’esperienza di Giovanni, il discepolo che ha toccato Gesù, non solo con le mani ma anche con il capo, è possibile anche a noi. E’ importante impegnarsi in questa direzione se vogliamo “perseverare nel monastero fino alla morte” (RB Prol 50). Come ricorda H. U. von Balthasar, in una sua riflessione sulla Regola benedettina: “Il monaco persevera nel monastero perché persevera in Cristo“.
Un piede e una gamba sono le due reliquie dei Santi Filippo e Giacomo: in fondo sono due messaggi da raccogliere nella loro provocazione fisica e vengono a dare un profilo concreto a quella liturgia esistenziale delle “ore” che è intermezzata da quella celebrata nel coro monastico. Il piede, per richiamarci le orme del Cristo da vedere nei nostri ambienti di vita e avere così la gioiosa certezza che sta con noi, che ha posto i suoi piedi accanto ai nostri. La gamba, come l’umile ma robusta icona di una spinta missionaria per evangelizzare prima di tutto il nostro cuore dove forse ci sono delle zone, degli angoli dove Gesù ancora non è arrivato. E, trasmettere in diretta Gesù, con quel fervor caritatis cui accenna Benedetto in alcuni capitoli della Regola, con l’immediatezza di un testimone oculare, con un annunzio che adotti quel codice infallibile e contagioso di trasmissione che è l’esempio.

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