Non ci sono corsie preferenziali o scorciatoie. La porta è una sola ed è stretta. Ma è proprio così? A Gesù viene posta da uno sconosciuto una domanda: “Signore, sono pochi quelli che si salvano?” (Lc 13,23). Come fa spesso, Gesù lascia l’interrogativo nell’aria: non risponde direttamente ma prende in contropiede l’interlocutore, non fornisce dati e statistiche ma sposta l’attenzione dal numero dei salvati al modo di salvarsi, dal quanti al come ci si salva: “Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno “ (Lc 13,24). “Sforzatevi”: un verbo che indica fatica.
La porta è stretta ma è aperta. Ma non si apre con raccomandazioni, agevolazioni, referenze o con un codice d’ingresso. Sarà aperta solo per coloro la cui voce verrà riconosciuta dall’interno. Ognuno verrà riconosciuto nella misura in cui la sua vita avrà rispecchiato qualcosa di quella di Dio. Egli cercherà in noi tracce di Vangelo. Per passare da quella porta occorre avere una certa consanguineità di amore con Gesù. Sulla soglia dell’eternità Dio cercherà se stesso in noi. E, se Dio riconoscerà in noi almeno un tratto, un riflesso del sua amore, ci dirà: Vi conosco. Anzi diremo, ad una sola voce noi e Lui, da una parte e dall’altra della porta: Ci conosciamo! Come sorgente e come goccia d’acqua, come sole e come raggio. Altrimenti - come ricorda il Vangelo - udremo una risposta inquietante: “Non vi conosco” (Lc 13,25). Non basta mangiare il pane, bisogna anche farsi pane. Cioè, non basta ricevere l’Eucarestia, bisogna anche vivere la sua dimensione del dono di se agli altri. Chi non vive eucaristicamente, vive solo egoisticamente.
Ma quella porta è stretta perché a misura di un bambino: “Se non diventerete come i bambini, non entrerete!” (Mt 18,3). La porta è larghissima per chi non si trascina dietro la montagna del suo “io”. Certo, “Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati” (1 Tm 2,4) e così ribadisce il cap. 13 della LG. Dio ci vuole tutti in cielo e in Paradiso tiene un posto per ognuno di noi. Se qualcuno troverà il cartello con il divieto di ingresso sarà soltanto imputabile al suo mancato impegno di conversione e di carità. Essere discepoli di Gesù non è una polizza di assicurazione ma è una provocazione a vivere con gesti no profit, cioè dare senza contraccambio, verso gli altri. Come ci suggerisce il Vangelo. Come ci suggerisce anche la Regola, soprattutto nel cap. IV “Gli strumenti delle buone opere” e nel cap. 72 “Dello zelo buono che devono avere i monaci”.
Durante questa vita prepariamoci bene a passare quella porta che ci scansionerà con accuratezza, per evitare quello che a volte succede quando si passa sotto i metal detector, cioè che suonino gli allarmi, perché c’è qualcosa che non va.
“Gli ultimi saranno i primi e i primi saranno gli ultimi?”, incalza Gesù. Dio imbarazza la storia e fa saltare preclusioni, mentalità e pregiudizi, perché allarga l’orizzonte. Lassù non c’è un club a numero chiuso. Dio vuole che sia piena la sala della sua festa!
“Signore, sono pochi quelli che si salvano?”(Lc 13,23). Forse dobbiamo allenarci a riformulare questa domanda iniziale, esprimendo un desiderio che è secondo il cuore di Dio: “Signore, sono molti quelli che si salvano?”.
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