sabato 18 maggio 2013

VEGLIA DI PENTECOSTE

La mattina di Pentecoste è per la Chiesa l’inizio del suo porsi al cuore dell’umanità come sale e come lievito, capaci di scomparire senza per questo essere assenti.
Dopo il trauma della Passione e lo shock della risurrezione, gli apostoli vengono spinti fuori dal cenacolo per rivelarsi come Chiesa che sta sulla soglia, dove l’incontro con Dio e il confronto con l’altro sono obbligati e necessari.
Nell’ultima veglia di Pentecoste ho condiviso con voi una riflessione sullo Spirito Santo nella Regola di S. Benedetto. Questa volta vorrei parlare di una certa amnesia che i credenti soffrono a proposito dello Spirito Santo. Mi faccio aiutare da un raccontino, udito dal Vescovo di Rovigo, venuto a celebrare nel nostro Santuario di Lendinara l’ultima solennità di Pentecoste prima del Capitolo Generale. L’ho rielaborato con le mie parole ma il contenuto è lo stesso. Un giorno, in un aeroporto, tutto era pronto per la partenza di un volo, ma si era scatenato un temporale violento. Quando i passeggeri furono saliti e le valigie caricate, la hostess chiuse i portelloni. Tutto era pronto per il decollo, nonostante la pioggia. Ad un certo punto però si sentirono dei colpi al portellone. La hostess vide un uomo che bussava insistentemente e disse a costui: “Non è possibile aprire, tutto è a posto, stiamo per partire”. Ma quell’uomo non mollava e continuava a bussare. Allora la hostess, esasperata da quell’insistenza, decise di aprire il portellone e si accorse che quell’uomo era…il pilota!
Lo Spirito Santo a volte è come il grande dimenticato. Lo Spirito Santo è l’ovvio necessario. Una sentinella distratta è un nemico dentro le mura.

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