Non poteva essere che
così!
Nasce per essere il
custode innamorato di ogni frammento della mia vita. Un bambino, Lui, figlio
della notte. Un bambino, Lui, il figlio di Dio. Dio lui stesso. Possiamo dire
sottovoce agli angeli di Betlemme che anche in terra adesso c’è il Paradiso.
Il Figlio di Dio nasce
anzitutto, come diciamo nel Credo, “per
la nostra salvezza”. Ma nasce anche non tanto per essere amato, quanto per
amare, per avere qualcuno da amare e dire a ciascuno di noi: io ti amo non
perché ho bisogno di te, ma ho bisogno di te perché ti amo. E, come ricorda la
quarta strofa del canto natalizio Adeste
fideles, “come non amare chi tanto ci ha amato” (“sic nos amantem quis non redamaret”)? Capita a volte che quando si
vuole troppo bene a qualcuno si perde se stessi. Alcuni colori, tra i più
belli, della nostra identità si smarriscono. Amare Dio invece ci fa tirar fuori
il meglio di noi stessi.
Natale è un po’ come dire:
Dio allo specchio. Dio si tradisce con il suo amore. In questo campo Dio non è
come noi uomini. Noi spesso facciamo di
una persona la nostra priorità quando poi, dopo, magari l’esperienza ci mostra
che per essa non siamo stati e non siamo che un’opzione. Per Dio no. Per Lui
siamo tutti figli “unici”. Se nessuno è escluso dal suo amore, però egli nasce soprattutto per i bastonati dalla
vita, per quelli che hanno una grande sofferenza, per quelli che sono
amareggiati, tristi, disperati, sporcati dalla maldicenza. Per quelli che sono
paralizzati da problemi più grandi di loro, per chi il Natale lo passerà da
solo. Oppure magari anche in compagnia ma con tanta solitudine interiore. Ci si
può sentire soli anche in mezzo ad una folla. A Natale questo si avverte ancora
di più. La solitudine, in questo caso, è come un grande ricevimento dove ognuno
balla da solo. Tutte queste persone, e altre ancora, sono gli invitati speciali
e preferiti al compleanno di Dio come uomo. Perciò se tra noi c’è chi sta
vivendo queste ore di Natale con la morte nel cuore per la cattiveria di
qualcuno, questa è esattamente la sua festa, perché Dio viene ad abitare dentro
il suo cuore a pezzi. Natale, ovvero
elogio della piccolezza! Dio è vicino a ciò che è piccolo, debole, emarginato,
insignificante… per noi, ma non per Lui!
Il Natale ci impedisce di bastare a
noi stessi e ci educa al dono di sé. Le nostre ferite interiori spirituali,
psicologiche, morali, affettive, si rimarginano nella misura in cui curiamo
quelle degli altri. E così Betlemme (“casa
del pane”) è dovunque le nostre mani sanno inventare atti di amore. Le
nostre impronte non sbiadiscono mai sulle persone che tocchiamo per un gesto di amore. Il Signore le fa sue,
diventano tatuaggi indelebili del suo cuore. Ogni giorno è il primo giorno del
resto della nostra vita. Viviamolo come fosse l’ultimo e l’unico, amando come
se nessuno ci avesse mai fatto soffrire, donando senza far sentire in obbligo, perdonando
senza farlo pesare. E sarà Natale ogni giorno!
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