Sull’uscio della casa di
Elisabetta … è anche qui che sembra trattenerci la solennità dell’Assunta. Da
quel punto prospettico scopriamo cosa e come guarda Dio. Dio guarda soprattutto
l’umiltà di Maria, facendo lampeggiare non i grandi fatti ma l’elogio della
piccolezza. Umiltà: cioè il giusto e sano riconoscere quello che si è, con luci
e ombre. Essa parte da una verità: io sono unico ma non l’unico. Se la superbia
è la madre dell’ipocrisia, l’umiltà lo è della serenità che ci fa vivere
gioiosi di quello che si è e che si ha. Su quell’uscio Maria, maestra di
stupore, con il Magnificat che è un mosaico di testi biblici si autoproclama
felice e ci sgrana una serie di verbi in chiaro-scuro riferiti a Dio con i
quali riassume la Storia della Salvezza: ha
guardato, ha fatto, ha spiegato, ha disperso, ha rovesciato, ha innalzato, ha ricolmato,
ha rimandato, ha soccorso, si è ricordato … Una serie di verbi incalzanti tra i
quali troviamo certamente quelli che ci ricordano quanto la mano di Dio ha
fatto e fa anche nella nostra vita. Cerchiamo
di non essere degli inguaribili distratti.
Questa solennità
inoltre, a noi che, per tanti motivi, nel viaggio della vita siamo così
schiacciati sul presente è una boccata di ossigeno che ci spalanca un orizzonte
splendido, quello vero e che ci attende. Maria assunta in cielo e, prima di
lei, Gesù Risorto, sono la certezza assoluta della fede che la nostra vita,
anche quella corporea, è destinata ad una felicità eterna. “Credo nella risurrezione della carne”,
affermiamo nella professione di fede: l’anima non può rimanere da sola, ha
bisogno del suo compagno di viaggio, il corpo che così partecipa all’eternità. Siamo
figli fatti per il cielo, come Maria nostra Madre. Lei aspetta tutti noi per
l’abbraccio con Dio. Vedere la nostra vita dalla postazione dell’eternità le
conferisce luce, leggerezza, la riconduce all’essenziale, le imprime
orientamenti precisi e positivi.
Ognuno di noi è un
sogno digitato dal e nel cuore di Dio e perciò porta in se incorporato il
cielo. Dove la natura scrive morte la fede legge pasqua. C’è questa comunione
fortissima tra noi e i nostri cari che ci hanno solo apparentemente lasciato:
in questi casi il cuore non è dove batte ma dove ama. Riceviamo perciò anche
un’iniezione di coraggio di fronte a tante prove e dispiaceri che a volte
assumono dolorose dimensioni. Ma anche
la nuvola più scura ha sempre un lato verso il sole.
Però leggere il
significato di questa festa come uno sguardo verso il cielo, al futuro che ci
attende, non ci deve far dimenticare l’ineludibile impegno qui, sulla terra, ad
essere cristiani coerenti e gioiosi di manifestarlo. Andiamo a scuola da Maria
che ci insegna ad intrecciare la fede con la quotidianità, che ci consegna
l’alfabeto della vita che noi possiamo individuare ed esplorare in molte delle litanie
a lei dirette: amore, fedeltà, preghiera, tenerezza, misericordia, gioia,
consolazione.
Così sia e così
speriamo.
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