martedì 2 settembre 2014

DOMENICA 15° DEL TEMPO ORDINARIO (A) PROFESSIONE TEMPORANEA DI D. CELESTINO.

Ecco…”. Con un “ecco” che cade tra la gente assiepata sulla spiaggia, Gesù dall’insolito e precario pulpito di una barca, propone la prima di una serie di sette parabole, cioè di originali ed efficaci “audiovisivi”, attinti dalla concreta esperienza del quotidiano, dalla natura, per trasmetterci un messaggio, con un linguaggio che contiene di più di quel che dice. A quella di oggi, che qualcuno definisce come la madre di tutte le parabole, l’interpretazione la dà lo stesso Gesù, segno che si tratta di qualcosa di  molto importante. Non si tratta di un contadino incapace o di un seme di qualità scadente. Il problema è il terreno. Stesso seme ma non stessi terreni. Dobbiamo ricordarci che la terra di Gesù, ancora oggi, non è come la grande e bella pianura padana ma spesso si presenta tagliata da nastri di strada o sassosa o con striminzite macchie di rovi e arbusti. Strada-sassi-spine sono le tre esse della parabola. Sono proprio i primi tre terreni in cui il seme gettato fallisce perché essi mancano della necessaria fertilità.

Carissimo D. Celestino, quando diverso tempo la mano del Signore si è aperta su di per gettarvi seme della sua Parola è iniziata a fiorire una nuova stagione nella tua vita. Non ti sei accontentato del trenta e nemmeno del sessanta ma, avendo essa disegnata sul terreno del tuo cuore la parola “vocazione monastica”, hai puntato al cento. Hai avvertito dentro di te una certa insoddisfazione verso tante realtà che, per quanto belle e oneste, sentivi che non ti bastavano più. Hai voluto evitarti una forma di anoressia esistenziale. Una lista di voli raso-terra.
Dopo aver maturato la tua scelta di consacrazione, sostenuto dai tuoi famigliari che ancora saluto e ringrazio, aiutato nel discernimento dal tuo padre spirituale, per una serie di circostanze provvidenziali, tramite il comune amico Claudio che è qui presente, sei giunto in “questa scuola del servizio divino” che è Monte Oliveto. Hai iniziato il tuo percorso formativo, in Noviziato ti è stata spiegata e approfondita la Regola che oggi intendi professare, ed eccoti adesso alla impegnativa tappa della professione temporanea che tale, “temporanea”, lo è solo perché lo chiede la prudenza della Chiesa. In realtà, l’offerta di te stesso a Dio deve essere già da adesso totale … infatti non ci si può donare a Dio a col contagocce! Per il Signore: tutto e subito!
Non c’è amore senza una promessa, non c’è promessa senza esserci incorporato un “per sempre”, non c’è un “per sempre” se non lo si vuole sino alla fine, sino e oltre la morte. Oggi tu ufficializzi quello che che è il servizio più grande che puoi fare alla Chiesa e alla società: essere monaco … con la scelta dell’obbedienza e della conversione del tuo cuore che comprende i voti di castità e di povertà. E non per realizzare una santità di “serie A” perché tutti i battezzati sono chiamati alla santità, ma perché trovi la tua felicità nel fare la volontà di Dio, essere una piccola icona del Fiat di Maria.

Dio, come quel seminatore, sperpera fino allo spreco. Ha proprio le mani bucate: bucate dai chiodi sul legno della Croce, il più clamoroso degli sprechi di Dio per noi tutti. Ed ecco perché ti invito a guardare spesso nostro Fondatore, San Bernardo Tolomei, ritratto mentre contempla il Crocifisso che è “il come” dell’amore. D. Celestino, lascia che Cristo ami in te. Se saprai fare spazio nella tua vita monastica al suo amore, allora amerai come Lui. Come insiste San Benedetto a più riprese nella Regola, che hai letto e studiato durante il Noviziato, fai di Gesù il tuo “tutto”.

Nella vita di S. Teresa d’Avila si narra che un giorno, sulla scala del noviziato del suo Carmelo abbia incontrato un bambino che le chiese il suo nome. “Sono Teresa di Gesù”, rispose la Santa, che subito aggiunse e tu, bambino, come ti chiami?”. “Gesù di Teresa”, fu la risposta.  Dunque, per te: Celestino di Gesù e Gesù di Celestino.

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