“Ecco…”. Con un “ecco” che
cade tra la gente assiepata sulla spiaggia, Gesù dall’insolito e precario
pulpito di una barca, propone la prima di una serie di sette parabole, cioè di
originali ed efficaci “audiovisivi”, attinti dalla concreta esperienza del
quotidiano, dalla natura, per trasmetterci un messaggio, con un linguaggio che
contiene di più di quel che dice. A quella di oggi, che qualcuno definisce come
la madre di tutte le parabole, l’interpretazione la dà lo stesso Gesù, segno
che si tratta di qualcosa di molto
importante. Non si tratta di un contadino incapace o di un seme di qualità
scadente. Il problema è il terreno. Stesso seme ma non stessi terreni. Dobbiamo
ricordarci che la terra di Gesù, ancora oggi, non è come la grande e bella
pianura padana ma spesso si presenta tagliata da nastri di strada o sassosa o
con striminzite macchie di rovi e arbusti. Strada-sassi-spine
sono le tre esse della parabola. Sono proprio i primi tre terreni in cui il
seme gettato fallisce perché essi mancano della necessaria fertilità.
Carissimo D. Celestino,
quando diverso tempo la mano del Signore si è aperta su di per gettarvi seme
della sua Parola è iniziata a fiorire una nuova stagione nella tua vita. Non ti
sei accontentato del trenta e nemmeno del sessanta ma, avendo essa disegnata
sul terreno del tuo cuore la parola “vocazione monastica”, hai puntato al
cento. Hai avvertito dentro di te una certa insoddisfazione verso tante realtà
che, per quanto belle e oneste, sentivi che non ti bastavano più. Hai voluto
evitarti una forma di anoressia esistenziale. Una lista di voli raso-terra.
Dopo aver maturato la
tua scelta di consacrazione, sostenuto dai tuoi famigliari che ancora saluto e
ringrazio, aiutato nel discernimento dal tuo padre spirituale, per una serie di
circostanze provvidenziali, tramite il comune amico Claudio che è qui presente,
sei giunto in “questa scuola del servizio
divino” che è Monte Oliveto. Hai iniziato il tuo percorso formativo, in
Noviziato ti è stata spiegata e approfondita la Regola che oggi intendi
professare, ed eccoti adesso alla impegnativa tappa della professione
temporanea che tale, “temporanea”, lo è solo perché lo chiede la prudenza della
Chiesa. In realtà, l’offerta di te stesso a Dio deve essere già da adesso
totale … infatti non ci si può donare a Dio a col contagocce! Per il Signore: tutto
e subito!
Non c’è amore senza una
promessa, non c’è promessa senza esserci incorporato un “per sempre”, non c’è un “per sempre” se non lo si vuole sino alla
fine, sino e oltre la morte. Oggi tu ufficializzi quello che che è il servizio
più grande che puoi fare alla Chiesa e alla società: essere monaco … con la scelta dell’obbedienza e della conversione
del tuo cuore che comprende i voti di castità e di povertà. E non per
realizzare una santità di “serie A” perché tutti i battezzati sono chiamati
alla santità, ma perché trovi la tua felicità nel fare la volontà di Dio,
essere una piccola icona del Fiat di
Maria.
Dio, come quel
seminatore, sperpera fino allo spreco. Ha proprio le mani bucate: bucate dai
chiodi sul legno della Croce, il più clamoroso degli sprechi di Dio per noi
tutti. Ed ecco perché ti invito a guardare spesso nostro Fondatore, San Bernardo
Tolomei, ritratto mentre contempla il Crocifisso che è “il come” dell’amore. D. Celestino, lascia che Cristo ami in te. Se
saprai fare spazio nella tua vita monastica al suo amore, allora amerai come Lui. Come insiste San Benedetto a
più riprese nella Regola, che hai letto e studiato durante il Noviziato, fai di
Gesù il tuo “tutto”.
Nella vita di S. Teresa
d’Avila si narra che un giorno, sulla scala del noviziato del suo Carmelo abbia
incontrato un bambino che le chiese il suo nome. “Sono Teresa di Gesù”, rispose la Santa, che subito aggiunse e tu,
bambino, come ti chiami?”. “Gesù di Teresa”,
fu la risposta. Dunque, per te: Celestino di Gesù e Gesù di Celestino.
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