Soltanto Lui, il Cristo,
poteva metterli insieme. Pietro e Paolo: così diversi. Pietro e Paolo… due percorsi di vita annodati dallo stesso
legame: Cristo.
Pietro: l’ex-pescatore
di Cafarnao, uomo semplice e rozzo, entusiasta e irruente, generoso e fragile.
Unico per quella sua solare professione di fede che è un resumé di teologia allo stato puro: “Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio” (Mt 16,16). Proprio lui è scelto per essere il primo.
Proprio lui con le mani callose della pesca (ma le mani sporche di lavoro
profumano di dignità) e la mente certo a digiuno delle profezie, delle
discussioni dotte degli scribi, è scelto per essere il primo tra gli Apostoli.
Proprio lui che piange le lacrime amare del rinnegamento e sente bruciare forte
la ferita del tradimento. Come i cristiani di ogni epoca, anche noi siamo
pietre su Pietro…e così viene su la grande Chiesa.
Paolo: l’intellettuale
raffinato e polemico, lo zelante e fanatico persecutore. Sappiamo tutti che non
fu discepolo diretto di Gesù, ma che il via alla sua azione instancabile e
vulcanica fu il famoso incontro, rocambolesco e decisivo, con il Risorto sulla
strada di Damasco. Nelle sue Lettere gustiamo il fascino e la bellezza di una
vita completamente orientata a Cristo.
Chiavi e passi. Chiavi:
Pietro. Passi: Paolo.
Guardando a loro, ma
visti come Simone e Saulo, possiamo dedurre che Dio non guarda i meriti perché
il suo amore non si merita ma lo si accoglie e condivide. Quando Dio chiama
qualcuno a seguirlo più da vicino, può riciclare in positivo i suoi limiti, le sue fragilità e miserie. L’impulsiva
testardaggine di Simone si trasforma in roccia su cui costruire la Chiesa, la intransigente
passionalità di Saulo si trasforma in ardore missionario. Qualcosa di simile
può accadere anche a noi, ma la premessa necessaria, la conditio sine qua non, è consegnare senza riserve la nostra vita a
Cristo. Senza che ci sia un altro “tu” in concorrenza. Come a Simone anche a
noi cambia il nome, cioè sostituisce chi siamo con chi potremmo essere se lo
seguiamo e pratichiamo la sua Parola.
Ma adesso riascoltiamo
quella inquietante domanda che Gesù pone nel Vangelo prima proclamato, però restringendola
dal plurale al singolare: “Chi sono io per te?”. E’ vero che “Solo buone domande meritano buone risposte”(Oscar
Wilde), ma quella di Gesù non è solo una “buona
domanda”, essa è la domanda delle domande. Una domanda che ci mette al
muro. Dobbiamo dare la nostra risposta personale. La nostra risposta, come
quella data da Pietro, dovrebbe pennellare il rapporto che abbiamo con Gesù.
Riguarda il “come” e il “quanto” collochiamo la sua presenza nelle nostre 24
ore. Cristo non è tanto ciò che dico di Lui, ma ciò che vivo di Lui. “Chi sono
io per te?”. Domanda da amare e da porsi ogni giorno.
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