giovedì 21 marzo 2013

FESTA DEL TRANSITO DI SAN BENEDETTO

Il giorno che inaugura l’avvio della Primavera, la liturgia ci offre la figura del N. S. P. Benedetto nel ricordo del suo transito. Il Santo di Norcia è un dono che Dio ha fatto alla Chiesa di tutti i tempi, in particolare attraverso la sua Regola che ha 15 secoli ma non li dimostra, perché quanto vi leggiamo è sempre attuale, così come è sempre attuale il Vangelo che ne innerva i 73 capitoli. Così come è sempre attuale il Cristo, intorno al quale il monaco raccorda la sua vita e ogni scelta. La Regola, tutta cristocentrica, all’insegna della discrezione, con il suo stile sobrio ed essenziale è il ritratto di S. Benedetto, specialmente il Prologo.
S. Benedetto è un’affascinante figura di uomo “biblico” per la sua somiglianza ad Abramo e a Mosè. Come Abramo all’inizio, come Mosè alla fine. Come Abramo anch’egli ha lasciato la sua terra, dapprima Norcia e poi Roma, per cercare veramente Dio. Come Mosè, per la modalità della sua morte, stando alla descrizione di Papa Gregorio: in piedi, mani al cielo e in preghiera.
Morire in piedi e con le braccia allargate è già qualcosa di particolare: ma questo suo modo di morire ci rivela ciò che ha segnato la sua vita. Si appoggia alle braccia di due monaci ed è perciò portato e sostenuto dalla comunità. Qui diviene evidente l’importanza da lui accordata, fino alla fine, al “cenobitarum fortissimum genus” (RB 1,13) e che cosa significhi per lui la comunità. Si presenta alla porta solitaria della morte in compagnia dei confratelli… come non ricordare le ultime parole del cap. 72: “…nos pariter ad vitam aeternam”? E’ un passaggio indicatore di una disposizione dal sapore testamentario. La compagnia dei fratelli nell’ hora mortis, quando essa scoccherà sul quadrante della nostra vita, ci aiuterà ad allentare gli ormeggi senza paure e sarà come dire a Dio: “ecco, io ho vissuto con loro e per loro”.

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