La Domenica delle Palme è la porta che ci apre la Settimana Santa, gioiello dell’anno liturgico, la Grande Settimana che fa eco ai sette giorni della creazione. Il tempo dell’uomo è sconvolto, nasce l’ottavo giorno: quello del Risorto.
Una settimana che è “la” settimana, cioè il centro e l’apice della nostra vita spirituale; è una miniera dalla quali non si finisce mai di estrarre i tesori spirituali nascosti nelle pieghe delle sue ore e delle varie celebrazioni liturgiche, ricche di pathos, che affiorano a cascata soprattutto nel Sacro Triduo. Sono i giorni del nostro destino.
Settimana chiamata “santa” per gli eventi che propone e riattualizza, eventi decisivi per la storia di Dio con gli uomini, ricevendo un forte invito a riflettere più che mai sul secondo - il primo è quello dell’Unità e Trinità di Dio - dei due misteri principali della nostra fede: Incarnazione, Passione, Morte e Risurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo. Avremo a disposizione, tra emozioni forti e incalzanti, abbondanza di testi e di gesti. Il tornare, ogni anno, a considerare la morte e risurrezione di Gesù è tornare sempre alle nostre radici; non è e non può essere una fiction, una commedia, ma è scovare e scavare ragioni di fede. Questi giorni sono per noi una scuola di vita, che non può omettere la lezione fondamentale sul mistero della sofferenza e della morte.
Nella Settimana Santa è come se facessimo una specie di corso-base di cristianesimo, che poi riprenderemo giorno per giorno fino a quando arriverà la nostra ora nona, e potremo anche noi ascoltare la voce di Gesù: “Oggi sarai con me in Paradiso” (Lc 22,43). Da allora, ogni morte, non sarà che una porta spalancata sul “paradiso”.
Domani, ascoltando il racconto della Passione secondo la redazione di Luca, scorreranno rapidamente dinanzi ai nostri occhi le sequenze drammatiche dei fotogrammi finali della vita di Gesù, dove già filtra la luce della risurrezione. Non ascolteremo un semplice reportage anche se avvincente, non è un thriller, ma un annuncio carico di fede. Il racconto del dolore di Dio. Saremo intercettati da un alternanza di baci e di sputi, di sguardi d’amore e di tradimento, di mani che spezzano il pane e di altre che contano monete, di occhi che piangono e di altri che organizzano i riti della crocifissione. La Passione-Morte-Risurrezione di Gesù rappresentano un “qui e ora” per ciascuno di noi. Non è un ricordo una tantum. Ogni nostra celebrazione eucaristica riattualizza e rivive quegli avvenimenti. La Passione accade per noi, oggi.
La liturgia di domani, prevede che in certi casi si possa adottare la forma breve. Viene da pensare che invece, come documenta l’esperienza, la passione, ogni passione - fisica o spirituale - è sempre in forma lunga. A volte dura tutta la vita. La Passione di Cristo, infatti, non si è ancora conclusa. Continua e si prolunga in tante persone e in tanti luoghi, come certi reparti degli ospedali. Non ci può dunque essere, in un certo senso, la forma breve della Passione perché essa assume un’ampiezza spropositata e variegata.
Da domani, associamo il nostro sguardo con quello di Maria che è arrossato dal pianto per un dolore indicibile. Quando il venerdì cantiamo lo Stabat Mater, il suo struggente lirismo ci fa provare qualcosa dell’intensa anche se serena sofferenza di Maria. Lo Stabat Mater apre la strada all’alleluja!
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