giovedì 1 novembre 2012

SOLENNITA’ DI TUTTI I SANTI

Tutti i Santi… Tutti! Come se li radunassimo qui, in chiesa. O forse, ancor prima e ancor più, nel nostro cuore. In questa infinita e variegata coralità noi stamattina immergiamo gli occhi. In quella pagina dell’Apocalisse di rara bellezza e suggestione, che costituisce la prima Lettura e che parla di noi, lampeggia un numero: 144.000! E’ evidente che si tratta di un numero simbolico: 12x12x1000. 12 sono le tribù di Israele, 12 gli Apostoli e 1000 è il numero dell’Agnello, cioè di Cristo e della sua signoria. Ma non resta un numero chiuso: diventa “una moltitudine immensa” (turbam magnam).

Basta togliere una lettera e il significato di questa solennità diventa evidente. Cioè: invece di leggere “tutti i santi”, leggere in forma d’augurio: “tutti santi”. Ed è questo il messaggio della festa di oggi: in forza del battesimo, siamo tutti chiamati ad essere santi! Questa è l’occasione per riscoprire che la santità non è un dono esclusivo ed elitario per certi fuoriclasse della fede o per chi ha doni straordinari. I Santi non sono nati già con una marcia in più. La pista da seguire è quella delle Beatitudini, che fanno parte del cosiddetto  discorso della Montagna, il primo dei cinque grandi discorsi di Matteo. Sembrano corpose e sconcertanti affermazioni ma sono come litanie che si intrecciano tra loro. Le Beatitudini sono il cuore del Vangelo, definite anche la magna carta del cristianesimo., un manifesto sconvolgente e contromano.

Dio agisce da artista: con le Beatitudini vuole plasmare in noi il santo. Ma Dio agisce anche da stilista: il nostro vero abito è quello della santità.

Ma le Beatitudini prima di essere il ritratto del discepolo ideale, sono il ritratto di Gesù! Lui è il povero in spirito, l’afflitto, l’affamato, il mite, il perseguitato, il misericordioso, il puro di cuore e l’operatore di pace. Le Beatitudini sono l’autobiografia di Gesù.

Nove cartelli segnaletici  che ci indicano la direzione da seguire. Non si può sbagliare! Sono il segreto della felicità dal punto di vista di Dio.  Non per niente sono introdotte e scandite da un ripetuto e martellante: “Beati… Beati…”. Sono dei paradossi ma in fondo, sono delle “felicitazioni” da parte di Dio.

Il più grosso miracolo che i Santi hanno fatto è stato quello di lasciare che Dio lavorasse nella loro vita. Santo è chi lascia che il Signore riempia la propria vita fino a farla diventare dono per gli altri. Santo è chi vive in sintonia con Gesù e la sua Parola, in dialogo non-stop con Lui e mette il grembiule del servizio. I santi, conosciuti e anonimi, questi ultimi segreti costruttori di storie di bene, sono la prova e la garanzia che si può vivere il Vangelo. Santi si diventa anche se santi siamo nati nel Battesimo. Si diventa, nel senso che è una scelta da rinnovare quotidianamente. Non è santo chi non cade, ma chi cadendo trova la forza di rialzarsi. E’ santo non chi fa cose straordinarie ma chi fa straordinariamente le cose normali di ogni giorno. E’ Santo chi riesce a leggere su ogni cosa: “Più in là” (Montale).

Forse il nostro nome non apparirà mai sul calendario, ma non è questo che conta. L’importante è essere scritti nel calendario di Dio. E lì c’è anche il nostro nome, occorre solo rivelarlo raschiando la patina del peccato che ne offusca la bellezza. Una specie di “gratta e vinci”, ma per la vincita più importante: quella del Paradiso!

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