I riflettori della liturgia sembrano aver dimenticato il Protagonista e slittato su Stefano, il primo martire. In realtà non è così, perché Gesù è nello spirito, nel cuore, nei pensieri del suo discepolo. Stefano fotocopia nella sua vita quella di Cristo: nella predicazione, nel processo subito, nella morte violenta. Stesso itinerario, stesso destino.
Attraverso il volto del protomartire, intravvediamo come in dissolvenza, i volti innumerevoli di tutti quelli che hanno pagato con la vita la loro fedeltà a Cristo o anche, semplicemente, soffrono per l’ingiustizia. Quanti “Stefano” in varie parti del mondo. E, c’è un particolare che fa riflettere anche se non è da assolutizzare. Guardiamo in faccia i lapidatori di Stefano: non sono dei teppisti con il marchio di fabbrica della delinquenza. No! Sono uomini d’ordine, difensori delle leggi e della religione (però intesa a modo loro!).
Stefano, lo abbiamo ascoltato, “fissando il cielo, vide la gloria di Dio e Gesù” (At 7,56). E poche righe sopra, nel capitolo precedente, si riporta che il volto di Stefano era “come quello di un angelo” (At 6,15). I testimoni sono sempre luminosi. I loro occhi brillano perché hanno una febbre costante: quella di raccontare con la vita chi è Gesù. Non assomigliano a noi che quando parliamo di Gesù, lo facciamo senza emozioni e trasalimenti.
Sono le prove che la vita ci riserva che rivelano quanto siamo testimoni di Cristo. Gli inevitabili ostacoli sono esattamente ciò di cui abbiamo bisogno. Dio ci aiuta ma non sempre come desideriamo noi.
Un mistico contemporaneo ha detto di sé: “Chiesi la forza e Dio mi ha dato difficoltà per farmi forte. Chiesi la sapienza e Dio mi ha dato problemi da risolvere. Chiesi favori e Dio mi ha dato intelligenza, forza e opportunità. Non ho ricevuto niente di quello che chiesi, ma ho sempre ricevuto tutto quello di cui avevo bisogno…”
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