sabato 15 settembre 2012

MEMORIA B.V.M. ADDOLORATA

Dopo aver esaltato ieri la croce del Signore - come segno di vita e non di morte - per meditare quanto sia grande il cuore di Dio, oggi volgiamo gli occhi ai piedi della croce, per vedere quanto grande può diventare il cuore di una persona.

Gesù dice al discepolo: “Ecco tua madre”. Ma la traduzione esatta sarebbe: “Guarda: è tua madre!”. Come a dire: guarda a Maria, lasciati educare da lei, dai suoi gesti, dalle sue parole, dai suoi silenzi. Prolunga la sua presenza.

Ecco tuo figlio”: sono tre parole, ma contengono ciascuno di noi, non solo Giovanni. “Madre” e “figlio” sono due parole di vita. Mi sembra che, con esse, ci venga indicata la vocazione ad essere datori (“madre”) e portatori (figlio) di vita attraverso le due dimensioni della “maternità” e dell’accoglienza.

La presenza di Maria sotto la croce non è solo un appello alle nostre emozioni ma anche l’immagine-guida per i giorni in cui la croce intercetta la nostra vita o quella di chi vive con noi, per evitare la tentazione, comprensibilissima, di preferire la circonvallazione del Calvario, nodo di amore e di dolore.

La nostra attenzione più che sul dolore di Maria si deve fermare sul dolore del mondo le cui schegge arrivano anche in mezzo a noi, nella nostra comunità. Magari non ce ne accorgiamo, ma ci sono. “Stabat”: siamo chiamati a stare accanto a infinite croci di tutte le dimensioni. E’ come se ci venisse detto: prenditi cura della vita d’altri, anche se tu stesso stai male, anzi soprattutto quando stai male, e guarirai. Illumina altri e ti illuminerai, consola altri e sarai consolato, accogli, perché le mani di chi accoglie terminano in ali d’angeli; accogli, e nelle braccia di chi accoglierai troverai le braccia stesse di Dio ad accogliere te.

Nessun commento:

Posta un commento