Come non lasciarsi raggiungere da quelle parole dette da Gesù a Nicodemo: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio Unigenito…” (Gv 3,16) ? “Tanto”… La Croce è la misura dell’amore di Dio per il mondo, cioè noi: “tanto”… eccessivo, senza limiti, infinito. “tanto”… è la vita che sgorga da quelle piaghe per risanare le nostre ferite interiori; “tanto”… è l’umiltà di Dio che accetta di morire per darci la vita senza fine. Nella Croce possiamo capire il “come” e il “quanto” dell’amore di Dio per noi. Alla domanda: “chi è Dio?”, San Bernardo di Chiaravalle rispondeva: “Cerca la risposta nel crocifisso”.
La croce è la firma autografa di Dio, con l’inchiostro del suo sangue. La croce è la cattedra da cui ci viene la più bella lezione di Dio.
L’amore, anche quello umano, può disegnare cuori ma anche incidere ferite. Davvero l’amore per qualcuno può procurarci delle ferite. Spesso sono visibili solo a Dio. Ma c’è una certa bellezza anche in esse, ci innestano nel tronco vivo della vita. E, come per i vegetali, ci si innesta solo per ferita.
In cooperativa con la Croce, manifesto anche delle nostre sofferenze, sulla quale Gesù ha sperimentato la desolazione più amara e il drammatico abbandono di Dio, possiamo affrontare i momenti più dolorosi. Ma perché? Perché l’amore conosce molti doveri, ma il primo di questi è di stare con l’amato. E’ in croce per essere con me e come me. Perché io possa essere con Lui e come Lui.
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