C’è un libro, edito dalla comunità di Bose (ed. Qiqajon), che ha un titolo un po’ strano: “Parole da mangiare”. In esso, l’autore afferma che le vere risposte sono quelle che aprono a nuove domande. Ci sono infatti delle risposte che chiudono o concludono le questioni, ci sono delle risposte che ci dicono tutto quello che è bene sapere e sono senz’altro positive perché ci fanno andare avanti con più serenità. Ma ci sono anche delle risposte che non esauriscono le domande. Sono risposte che aprono a domande ancora più profonde e belle. Quando uno si fa delle domande è una persona viva, naturalmente senza esagerare per non cadere in una cronica quanto sterile inquietudine.
“Cosa devo fare per avere la vita eterna?”. La domanda dell’anonimo personaggio, in cerca d’autore, del Vangelo, presunto giovane secondo il passo parallelo di Mt, ci riguarda. E’ anche nostra. Quell’uomo vuol sapere se sta vivendo o se sta morendo: “Maestro buono, è vita o morte la mia? Viviamo anche noi questa domanda: cosa devo fare per vivere veramente? Per vivere una vita maiuscola? Per fare un salto di qualità?
Gesù risponde elencando alcuni Comandamenti. Il giovane, che ha interrogato Gesù per sapere la verità su se stesso, ammette di averli osservati ma rivela di essere abitato da una inquietudine interiore, un tarlo che lo rode dentro ma è un tarlo luminoso perché si traduce in desiderio di orizzonti più larghi di quelli soliti, normali di un uomo. “Signore, che cosa mi manca?”. Che cosa mi manca per volare nella mia vita? “Gesù, fissatolo, lo amò”. Un’espressione molto forte. Qualche biblista traduce con: “se lo strinse al cuore”. Se voglio sapere cosa mi manca, devo collocarmi spesso sotto quello sguardo, soprattutto nell’Adorazione Eucaristica, permettere che esso mi interroghi, mi scruti come un radar, mi attraversi come un laser, per rivelarmi ciò che non sono e ciò che potrei essere. Che mi invita a puntare alto nella vita.
Gesù al giovane ricco non propone un undicesimo comandamento ma fa una proposta radicale: una comunione più piena con Lui, sbarazzarsi di tutto e seguirlo. Chiede di andare oltre. Gli spara una raffica di verbi: va, vendi, vieni, seguimi! Una spallata a tante cose per essere libero e felice. Ma questo discorso non viene recepito dal giovane ricco, ex futuro apostolo, che se ne va triste, privo del coraggio di essere felice con Gesù. Preferisce appartenere alla sua immagine che a se stesso. Preferisce restare un ostaggio sequestrato dalle sue ricchezze. Preferisce restare nel crepaccio buio di una vita spenta e ripiegata. Ha desideri di terra e non desideri di cielo.
Quel magis, quel di più che ci urge dentro è Gesù stesso: è Lui a fare la differenza rispetto alla risposta tradizionale, pur valida ma insufficiente, di praticare i Comandamenti. Un’altra logica di vivere e un cuore moltiplicato. Quel giovane voleva la vita eterna. Essa non riguarda solo il “dopo” ma anche l’ “oggi”. C’è di mezzo il centuplo promesso. Gesù non ci paga solo con la gloria eterna, magari firmandoci un assegno post-datato, pagabile alla cassa dell’eternità. Già quaggiù Dio ci restituisce moltiplicato tutto ciò che noi lasciamo per Lui.
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