domenica 23 marzo 2014

TERZA DOMENICA DI QUARESIMA (A)

Pericoloso incontrarsi con Gesù.
Ce lo testimonia la samaritana anonima, una donna “fuori orario”, perché va al pozzo nell’ora più calda - mezzogiorno - per evitare sguardi e commenti maliziosi o silenzi di condanna per la sua torbida esistenza. Ha bruciato diversi compagni di vita: è arrivata al sesto marito!
Quello sconosciuto che trova al pozzo, Gesù, attiva un dialogo che è un capolavoro di pedagogia: prima la richiesta poi la proposta. Come un povero tende la mano per ricevere (“dammi da bere”) ma in realtà lo fa perché la samaritana si decida a chiedergli qualcosa. Lei però intuisce che quello sconosciuto è un uomo diverso e percepisce che vuole portarla ad incontrare se stessa quando Gesù con delicatezza fa un’incursione nella sua vita sentimentale, mettendone in discussione l’intera impostazione. La samaritana tenta una manovra diversiva dirottando il discorso su argomenti non impegnativi. Anche con una certa ironia. Ma Gesù continua a sbarrarle il passo. Allora lei fa una fuga precipitosa nel passato: “Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede questo pozzo?...I nostri padri hanno adorato Dio sopra questo monte..” (Gv 4,12 e 20). Ma Gesù non si lascia bloccare. E allora lei tenta una disperata fuga in avanti: “So che deve venire il Messia…quando egli verrà…” (Gv 4, 25).  E’ la cosiddetta conversione differita e che forse ci riguarda. Sì, mi rendo conto che devo cambiare, ma non oggi. Domani. La conversione invece esige un avverbio scomodo ma necessario: “subito”.
Da parte di Gesù non un dito puntato ma una mano aperta. Non cerca indizi di colpa, cerca indizi di amore. Non la obbliga a guardarsi in uno specchio accusatore ma le mette davanti l’icona di ciò che potrebbe essere. Il Vangelo sembra rispettare la privacy di quell’incontro e registra e trasmette solo poche parole, ma così illuminanti per tutti noi. A quel pozzo, crocevia di incontri, di notizie e, a quel tempo, anche di patti e di alleanze, c’è un abbraccio di sguardi. Per quella donna ormai la parola peccato deve far rima solo con “passato”... Dio non si stanca di noi ma si stanca per noi. “Quarens me sedisti lassus”, cantiamo nel Dies irae. Ci cerca e ci legge “dentro”.
Qualche anno fa il Vangelo di oggi avrebbe potuto rivendicare i suoi diritti di autore di fronte ad uno slogan pubblicitario di una nota bevanda: la sete è tutto, ascolta la tua sete.
Signore, dammi di quest’acqua, perché io non abbia più sete…” (Gv 12,13). A volte ci sono delle parole che vanno al di là del loro suono, raccontano molto più di quello che dicono. Parole come carezze. Parole come schiaffi.
Gesù non va contro la nostra natura ma incontro alla nostra natura che ha sete di quella pienezza che è Lui stesso: incorporato in noi, diventa sorgente che irriga ogni zona e zolla della nostra vita personale. Così si evita una vita affettiva frammentata e illusoria che sforna solo rapporti non autentici. A volte noi, con certe relazioni interpersonali, beviamo solo acqua stagnante se non avvelenata. Quella samaritana è ciascuno di noi. Forse come lei ciascuno di noi è fragile, con diverse cicatrici sul cuore e con una sete di amore che nessun abbraccio umano ha colmato e colma.
Non lasciamoci logorare da quella sete. Se lo vogliamo, siamo sempre a poca distanza da una sorgente di acqua limpida e tonificante. Dove si trova? Qual’é il suo indirizzo? E’ qualunque tabernacolo con la Presenza viva-reale-corporale di Gesù. E’ nell’orizzonte eucaristico che dobbiamo collocare il nostro vissuto emotivo perché sia sanato. E’ davanti al tabernacolo che dobbiamo narrarci. Una lectio humana davanti all’Eucarestia. Il nostro cuore è troppo grande per essere abitato solo da un’altra creatura. Una persona può occupare il nostro cuore ma solo Dio lo può riempire. Mai toccare un cuore se non sai amarlo: Dio, sì, è l’unico che può amarlo in pienezza.

La Samaritana è andata al pozzo  per attingere acqua ma ha trovato un altro pozzo - Gesù - con altra acqua per la sua vera sete. E’ andata con una brocca e se ne ritorna con una sorgente. Una sorgente di ragioni forti per vivere. Una sorgente di cielo.

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