Il Vangelo proclamato
nella seconda domenica del Tempo Ordinario, Gv 1, 29-34, completa o ripresenta in
modo diverso dai sinottici, l’episodio del Battesimo di Gesù, secondo
l’evangelista teologo e mistico. Ma anche qui c’è ancora in primo piano il rude
Battista che manifesta l’identità del Messia atteso.
“Ecco l’Agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo”. Con
questa bella professione di fede del Precursore, che noi alla Messa rilanciamo
al cielo per tre volte, il cugino di Gesù rivela di avere antenne speciali.
Mosso dallo Spirito, riconosce Gesù sulla strada. Anzi, è Gesù che gli va
incontro. Lui vuole sempre incrociarci. La sua è un’instancabile quotidiana
processione verso di noi. Quante volte nelle pieghe chiaro-scure della giornata
Gesù ci viene incontro, attraverso persone e fatti, e noi invece giriamo la
testa dall’altra parte! O perlomeno, siamo degli inguaribili distratti!
Quando il Battista, che
però nel Vangelo di Giovanni è visto più come il “testimone”, perché ha visto lo Spirito discendere e rimanere su
Gesù, presenta la figura del Messia è come un torrente in piena. Nel Vangelo,
lo sappiamo, c’è una pioggia di titoli riversati sulla persona di Gesù. Ma su
tutti campeggia la raffigurazione dell’ ”agnello
di Dio”(Gv 1,29), che sintetizza tutto l’Antico Testamento. Gli esegeti un
po’ litigano tra i tanti riferimenti biblici racchiusi in questo titolo
cristologico che accompagna l’altro: “Figlio
di Dio” (Gv 1,34). Ma, a tutti, in proposito, viene spontaneo sfogliare il
Vangelo fino alle ultime pagine: venerdì santo, l’agnello espiatorio degli ebrei, legato all’esperienza
liberatrice dell’esodo… Non dimentichiamo che la crocifissione ebbe luogo in
coincidenza con la Pasqua ebraica e addirittura con l’ora stessa in cui nel
tempio, diventato un mattatoio, venivano immolati gli agnelli. Dio sacrifica se
stesso per noi. E dal suo fianco aperto dalla lancia non esce vendetta, ma
sangue e acqua: sangue d’amore, acqua di vita. L’Agnello di Dio è vittima del
suo stesso amore per noi. Non è solo un Dio-che-dona ma un Dio-che-si-dona. In
aramaico, poi, la stessa parola che designa l’agnello disegna anche la parola
“servo” e qui ci sarebbe un grappolo di forti suggestioni spirituali da
gustare.
Una sottolineatura
particolare merita la seconda parte della solenne affermazione del Battista: “…
che toglie il peccato del mondo”. Dice: “il peccato” e non “i peccati”… perché?
Perché nel mirino di Gesù non ci sono solo i peccati degli uomini - cioè le
singole e tutte le mancanze - ma il peccato in quanto tale, cioè
quella radice di male che ognuno di noi si porta dentro. Gesù non viene a fare
dei rattoppi di emergenza al nostro cuore ma a rinnovarlo totalmente.
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