lunedì 6 gennaio 2014

EPIFANIA DEL SIGNORE


L’Epifania è la festa di un dono e il dono di una festa.  E’ la festa di una stella che disegna una strada in cielo, di una stella che si fa viaggio. Di una stella che vuole indicare dove è il sole cioè quel Bambino che è venuto per tutti.  Per Lui e il suo Vangelo non ci sono confini ed esclusi. Gesù è “Dio-con-noi”, un “noi” che include tutti.
In quel mosaico di allusioni e riferimenti biblici che è la sobria pagina di Matteo, venata di contrasti che interpellano la nostra riflessione, si parla di una casa, umile casa, ma anche di una reggia arrogante; si parla di un bambino ma anche di un re-fantoccio dei romani, centrifugato dal potere, che vuole ucciderlo; si parla di un piccolo villaggio, Betlemme, ma anche di una grande città, Gerusalemme, chiusa nel suo orgoglio; si parla di gioia, anzi di “grandissima gioia”(Mt 2,10) ma anche di sospetti e di paure.
E ci sono loro, i Magi, profumati di Oriente e di sapienza, introdotti dall’evangelista con un effetto sorpresa. Il loro arrivo turba Gerusalemme che dopo una breve escalation di scompiglio, ristagna nel disinteresse e nell’indifferenza. Sono stranieri e pagani. Hanno un sogno nel loro cuore pulito e arioso. Hanno soprattutto una domanda, una sola, intorno alla quale tutto ruota: “Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei?” (Mt 2,2). Dio è un desiderio non un dovere. I Magi sono l’immagine di coloro che cercano Dio che non è avaro di segni e segnali per chi lo cerca. Occorre però muoversi e smuoversi.  Il vidimus dei Magi ha generato il loro venimus. Essi, dei non credenti, salgono in cattedra e ci insegnano come cercare Dio con la scena dell’adorazione: “… videro il bambinoe prostratisi lo adorarono” (Mt  2,11). Una intensa liturgia del cuore che fa piegare le ginocchia. Questo atteggiamento è la scorciatoia più rapida  per approdare davanti a Dio.
Adorare Dio  per avere la consolante certezza che lui ci vuole vicino a sé per ispirarci ogni scelta ed orientamento. Gesù ci cambia nel profondo se lo avviciniamo con cuore semplice, un cuore come quello di un bambino. “Se non diventerete come bambini…”(MT 18,3). Sarebbe bello, almeno ogni tanto, parlare con il bambino che siamo stati e chiedergli cosa ne pensa dell’adulto che siamo diventati.
E c’è Erode, re criminale e assassino che aveva fatto uccidere moglie, figli e cognati e altre persone, visti come potenziali rivali.La pagina di Matteo è sporca del sangue di bambini uccisi. Dunque un mostro sanguinario. Ma Erode non è morto. La sua discendenza è presente in vari luoghi e si replica in vari modi. I mostri di oggi non aggrediscono più stando nel buio, ma in piena luce del giorno, li trovi che ti sorridono e poi ti pugnalano alle spalle.
Erode è anche un mostro di ipocrisia. Anche con i Magi, come riporta il Vangelo con sottile umorismo: “Quando lo avrete trovato, fatemelo sapere perché anch’io venga ad adorarlo…”(Mt 2,8). Assicura protezione, promette riconoscimento al Bambino. Una falsità lampante. C’è da dire che esiste pure la falsità di alcune persone che si “sente” anche quando non parlano. Ma i Magi non sono ingenui. Il peggior difetto di chi si crede furbo è pensare che gli altri siano stupidi. Grazie anche al sogno di turno, I Magi sabotano il piano di Erode, imboccando un’altra strada.
A mo’ di conclusione, anche noi, come i Magi, offriamo qualcosa a quel Bambino: sarà poco, non importa. Se dato con semplicità di cuore il niente in mano a Dio diventa il tutto.

Dei Magi nel Vangelo non se ne parlerà più. Se ne vanno, come se ne vanno le feste di Natale, lasciandoci una nostalgia, la nostalgia di Dio, lasciandoci una stella in fondo al cuore.

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