L’Epifania è la festa
di un dono e il dono di una festa. E’ la
festa di una stella che disegna una strada in cielo, di una stella che si fa
viaggio. Di una stella che vuole indicare dove è il sole cioè quel Bambino che
è venuto per tutti. Per Lui e il suo
Vangelo non ci sono confini ed esclusi. Gesù è “Dio-con-noi”, un “noi” che
include tutti.
In quel mosaico di
allusioni e riferimenti biblici che è la sobria pagina di Matteo, venata di
contrasti che interpellano la nostra riflessione, si parla di una casa, umile
casa, ma anche di una reggia arrogante; si parla di un bambino ma anche di un
re-fantoccio dei romani, centrifugato dal potere, che vuole ucciderlo; si parla
di un piccolo villaggio, Betlemme, ma anche di una grande città, Gerusalemme,
chiusa nel suo orgoglio; si parla di gioia, anzi di “grandissima gioia”(Mt 2,10) ma anche di sospetti e di paure.
E ci sono loro, i Magi,
profumati di Oriente e di sapienza, introdotti dall’evangelista con un effetto
sorpresa. Il loro arrivo turba Gerusalemme che dopo una breve escalation di
scompiglio, ristagna nel disinteresse e nell’indifferenza. Sono stranieri e
pagani. Hanno un sogno nel loro cuore pulito e arioso. Hanno soprattutto una
domanda, una sola, intorno alla quale tutto ruota: “Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei?” (Mt 2,2). Dio è un
desiderio non un dovere. I Magi sono l’immagine di coloro che cercano Dio che
non è avaro di segni e segnali per chi lo cerca. Occorre però muoversi e
smuoversi. Il vidimus dei Magi ha generato il loro venimus. Essi, dei non credenti, salgono in cattedra e ci
insegnano come cercare Dio con la scena dell’adorazione: “… videro il bambino…e
prostratisi lo adorarono” (Mt 2,11).
Una intensa liturgia del cuore che fa piegare le ginocchia. Questo
atteggiamento è la scorciatoia più rapida per approdare davanti a Dio.
Adorare Dio per avere la consolante certezza che lui ci
vuole vicino a sé per ispirarci ogni scelta ed orientamento. Gesù ci cambia nel
profondo se lo avviciniamo con cuore semplice, un cuore come quello di un
bambino. “Se non diventerete come bambini…”(MT
18,3). Sarebbe bello, almeno ogni tanto, parlare con il bambino che siamo stati
e chiedergli cosa ne pensa dell’adulto che siamo diventati.
E c’è Erode, re
criminale e assassino che aveva fatto uccidere moglie, figli e cognati e altre
persone, visti come potenziali rivali.La pagina di Matteo è sporca del sangue
di bambini uccisi. Dunque un mostro sanguinario. Ma Erode non è morto. La sua
discendenza è presente in vari luoghi e si replica in vari modi. I mostri di
oggi non aggrediscono più stando nel buio, ma in piena luce del giorno, li
trovi che ti sorridono e poi ti pugnalano alle spalle.
Erode è anche un mostro
di ipocrisia. Anche con i Magi, come riporta il Vangelo con sottile umorismo: “Quando lo avrete trovato, fatemelo sapere perché anch’io venga ad adorarlo…”(Mt
2,8). Assicura protezione, promette riconoscimento al Bambino. Una falsità
lampante. C’è da dire che esiste pure la falsità di alcune persone che si “sente”
anche quando non parlano. Ma i Magi non sono ingenui. Il peggior difetto di chi
si crede furbo è pensare che gli altri siano stupidi. Grazie anche al sogno di
turno, I Magi sabotano il piano di Erode, imboccando un’altra strada.
A mo’ di conclusione, anche
noi, come i Magi, offriamo qualcosa a quel Bambino: sarà poco, non importa. Se
dato con semplicità di cuore il niente in mano a Dio diventa il tutto.
Dei Magi nel Vangelo non
se ne parlerà più. Se ne vanno, come se ne vanno le feste di Natale,
lasciandoci una nostalgia, la nostalgia di Dio, lasciandoci una stella in fondo
al cuore.
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