martedì 21 gennaio 2014

MEMORIA DI S. AGNESE


Celebriamo oggi il compleanno canonico della nostra Congregazione. Infatti, ogni volta, la memoria liturgica di S. Agnese ci porta in dono il lieto anniversario della sua approvazione pontificia avvenuta il 21 gennaio 1344.  Ma le due Lettere Apostoliche che Clemente VI firmava ad Avignone 670 anni fa, erano solo l’approdo finale di un cammino iniziato nel 1313 dai nostri Fondatori.
Un colpo d’ala per capirne le dinamiche - tutte di pura marca evangelica - ce lo offre il brano di Matteo con la coppia di stringatissime parabole - un messaggio a due voci – che con la semplicità tipicamente orientale delle immagini, ci regalano due nomi sorprendenti di Dio: tesoro e perla.
S. Bernardo e i suoi compagni, dopo che si sono imbattuti in Gesù, hanno voltato decisamente le spalle al loro mondo abituale. E’ stata la scoperta sensazionale che ha determinato una svolta radicale nella loro vita. E su questa scoperta sono stati capaci di giocarsi tutto: benessere, carriere, onori. Il contadino e il mercante hanno la stessa reazione di rottura: vendono tutto. Il distacco nasce dall’aver trovato. Il vero discepolo non dice: “Ho lasciato”, ma: Ho trovato”. Quando un “perché” è forte, il “come” si trova sempre. Così anche i nostri Fondatori: trovato il Tutto, con la “T” maiuscola, hanno lasciato il “tutto”, con la “t” minuscola. Trovare Cristo, lasciare ogni cosa a Siena e altrove, e seguirlo è stato il miglior affare della loro vita. Un gioco in borsa ad altissimo rendimento!
Trovano, vanno, vendono, comprano: sono verbi di movimento, sono i verbi della sequela Christi. Sono verbi nati dall’aver sperimentato la gioia. La gioia che fa decidere. La gioia che accompagna sempre quel cuore di chi, come noi, per attrazione felicemente fatale, vuole sintonizzare e raccordare la sua vita su Gesù e la sua Parola.
Ricordiamo quel passo vertiginoso del Prologo della Regola: “Il Signore va cercando un suo discepolo tra la gente e dice: C’è qualcuno che desidera la vita e desidera trascorrere giorni felici? (cfr Sal 33,13). Se tu, all’udire queste parole rispondi: Io, io lo voglio! Allora - dice il Signore - prima che tu mi invochi, io dirò: “Eccomi” (RB, Prol. 14-16). E, con Dio che ci abita dentro, c’è sempre la vera felicità. S. Giovanni Bosco una volta ha scritto questo messaggio ad un giovane: “Il successo è avere ciò che vuoi; la felicità, invece, è amare ciò che hai, ciò che sei e dove sei”.
Noi siamo impastati di cielo. Fin dal primo istante del nostro concepimento il Signore ha messo la sua firma sulla nostra carne, inserendo nel nostro personale codice genetico, in simultanea con la vocazione monastica, il desiderio della gioia. Ed è per questo che, stringi stringi, alla chiamata di Dio, abbiamo risposto “io!”.

domenica 19 gennaio 2014

II DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (A)

  
Il Vangelo proclamato nella seconda domenica del Tempo Ordinario, Gv 1, 29-34, completa o ripresenta in modo diverso dai sinottici, l’episodio del Battesimo di Gesù, secondo l’evangelista teologo e mistico. Ma anche qui c’è ancora in primo piano il rude Battista che manifesta l’identità del Messia atteso.
Ecco l’Agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo”. Con questa bella professione di fede del Precursore, che noi alla Messa rilanciamo al cielo per tre volte, il cugino di Gesù rivela di avere antenne speciali. Mosso dallo Spirito, riconosce Gesù sulla strada. Anzi, è Gesù che gli va incontro. Lui vuole sempre incrociarci. La sua è un’instancabile quotidiana processione verso di noi. Quante volte nelle pieghe chiaro-scure della giornata Gesù ci viene incontro, attraverso persone e fatti, e noi invece giriamo la testa dall’altra parte! O perlomeno, siamo degli inguaribili distratti!
Quando il Battista, che però nel Vangelo di Giovanni è visto più come il “testimone”, perché ha visto lo Spirito discendere e rimanere su Gesù, presenta la figura del Messia è come un torrente in piena. Nel Vangelo, lo sappiamo, c’è una pioggia di titoli riversati sulla persona di Gesù. Ma su tutti campeggia la raffigurazione dell’ ”agnello di Dio”(Gv 1,29), che sintetizza tutto l’Antico Testamento. Gli esegeti un po’ litigano tra i tanti riferimenti biblici racchiusi in questo titolo cristologico che accompagna l’altro: “Figlio di Dio” (Gv 1,34). Ma, a tutti, in proposito, viene spontaneo sfogliare il Vangelo fino alle ultime pagine: venerdì santo, l’agnello  espiatorio degli ebrei, legato all’esperienza liberatrice dell’esodo… Non dimentichiamo che la crocifissione ebbe luogo in coincidenza con la Pasqua ebraica e addirittura con l’ora stessa in cui nel tempio, diventato un mattatoio, venivano immolati gli agnelli. Dio sacrifica se stesso per noi. E dal suo fianco aperto dalla lancia non esce vendetta, ma sangue e acqua: sangue d’amore, acqua di vita. L’Agnello di Dio è vittima del suo stesso amore per noi. Non è solo un Dio-che-dona ma un Dio-che-si-dona. In aramaico, poi, la stessa parola che designa l’agnello disegna anche la parola “servo” e qui ci sarebbe un grappolo di forti suggestioni spirituali da gustare.
Una sottolineatura particolare merita la seconda parte della solenne affermazione del Battista: “… che toglie il peccato del mondo”.  Dice: “il peccato” e non “i peccati”… perché? Perché nel mirino di Gesù non ci sono solo i peccati degli uomini - cioè le singole e tutte le mancanze - ma il peccato in quanto tale, cioè quella radice di male che ognuno di noi si porta dentro. Gesù non viene a fare dei rattoppi di emergenza al nostro cuore ma a rinnovarlo totalmente.

domenica 12 gennaio 2014

BATTESIMO DEL SIGNORE

Gesù ha trenta anni. Corre veloce la liturgia, poco rispettosa delle anagrafi dell’uomo. Gesù si mette in fila con i peccatori, senza corsia preferenziale,  per farsi battezzare, pur non avendone evidentemente bisogno, dal cugino asceta, il Battista. E’ la sua prima mossa. La sua scelta programmatica. Il fiume Giordano è il suo primo pulpito. Con un Dio così defilato, la verità indossa il vestito dell’umiltà. Uno stile sconcertante ! Dio è sempre sui passi dell’uomo. Nella scena teofanica, Dio Padre certifica l’ identità del Figlio: “Tu sei mio figlio… l’amato… mio compiacimento”. Queste parole di Dio sono dirette a Gesù, ma sono indirizzate anche a noi al momento del nostro battesimo. Voce dal cielo per i figli sulla terra. Dio mi dice: “Figlio…”. Questa prima parola non è solo un vertice di emozioni  ma è anche uno dei cuori pulsanti del Vangelo. “Amato…”. La seconda stupenda parola che Dio pronuncia su di noi. Dio mi ama sempre con la stessa intensità anche quando mi allontano da Lui, sbaglio. Posso andare fuori strada ma non vado fuori dal suo amore.. “Mio compiacimento…”. Una parola inusuale ma ricca di significato. C’è dentro un Dio che trova gioia a stare con me. Solo un amore senza “perché” spiega queste tre parole. Infatti, avere un motivo per amare, non è vero amore e, prima o poi, viene meno.
Il salto dall’Epifania al Battesimo, ignorando perciò i trent’anni di Nazareth, è solo teorico: oggi Cristo nasce in noi attraverso il segno del Battesimo, segno che va riconosciuto, come hanno fatto i Magi. Riappropriamoci di quel dono immenso che un giorno abbiamo ricevuto. Riprendiamolo in mano. Facciamolo risplendere con la coerenza. Oltre a battezzare i convertiti forse ci sarebbe da convertire i battezzati, affinché siano testimoni credibili.
Ecco perché sarebbe molto bello se, oltre a segnare il giorno del nostro battesimo, esso fosse da noi ricordato con festa. Oltre al compleanno ci dovrebbe essere, ancor più importante, quello che potremmo chiamare il compli-battesimo! Ricordare cioè quel giorno in cui a pieno titolo siamo stati immatricolati nella Chiesa, la Chiesa dei Santi, nel nome della Trinità.  In quel momento siamo diventati figli di Dio che ci ha dato tutto: nome, cognome, amore. Non è stata un’adozione a distanza. Da quel momento, Dio oltre a toglierci il peccato originale, è diventato il soffio nella vela della nostra vita.

lunedì 6 gennaio 2014

EPIFANIA DEL SIGNORE


L’Epifania è la festa di un dono e il dono di una festa.  E’ la festa di una stella che disegna una strada in cielo, di una stella che si fa viaggio. Di una stella che vuole indicare dove è il sole cioè quel Bambino che è venuto per tutti.  Per Lui e il suo Vangelo non ci sono confini ed esclusi. Gesù è “Dio-con-noi”, un “noi” che include tutti.
In quel mosaico di allusioni e riferimenti biblici che è la sobria pagina di Matteo, venata di contrasti che interpellano la nostra riflessione, si parla di una casa, umile casa, ma anche di una reggia arrogante; si parla di un bambino ma anche di un re-fantoccio dei romani, centrifugato dal potere, che vuole ucciderlo; si parla di un piccolo villaggio, Betlemme, ma anche di una grande città, Gerusalemme, chiusa nel suo orgoglio; si parla di gioia, anzi di “grandissima gioia”(Mt 2,10) ma anche di sospetti e di paure.
E ci sono loro, i Magi, profumati di Oriente e di sapienza, introdotti dall’evangelista con un effetto sorpresa. Il loro arrivo turba Gerusalemme che dopo una breve escalation di scompiglio, ristagna nel disinteresse e nell’indifferenza. Sono stranieri e pagani. Hanno un sogno nel loro cuore pulito e arioso. Hanno soprattutto una domanda, una sola, intorno alla quale tutto ruota: “Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei?” (Mt 2,2). Dio è un desiderio non un dovere. I Magi sono l’immagine di coloro che cercano Dio che non è avaro di segni e segnali per chi lo cerca. Occorre però muoversi e smuoversi.  Il vidimus dei Magi ha generato il loro venimus. Essi, dei non credenti, salgono in cattedra e ci insegnano come cercare Dio con la scena dell’adorazione: “… videro il bambinoe prostratisi lo adorarono” (Mt  2,11). Una intensa liturgia del cuore che fa piegare le ginocchia. Questo atteggiamento è la scorciatoia più rapida  per approdare davanti a Dio.
Adorare Dio  per avere la consolante certezza che lui ci vuole vicino a sé per ispirarci ogni scelta ed orientamento. Gesù ci cambia nel profondo se lo avviciniamo con cuore semplice, un cuore come quello di un bambino. “Se non diventerete come bambini…”(MT 18,3). Sarebbe bello, almeno ogni tanto, parlare con il bambino che siamo stati e chiedergli cosa ne pensa dell’adulto che siamo diventati.
E c’è Erode, re criminale e assassino che aveva fatto uccidere moglie, figli e cognati e altre persone, visti come potenziali rivali.La pagina di Matteo è sporca del sangue di bambini uccisi. Dunque un mostro sanguinario. Ma Erode non è morto. La sua discendenza è presente in vari luoghi e si replica in vari modi. I mostri di oggi non aggrediscono più stando nel buio, ma in piena luce del giorno, li trovi che ti sorridono e poi ti pugnalano alle spalle.
Erode è anche un mostro di ipocrisia. Anche con i Magi, come riporta il Vangelo con sottile umorismo: “Quando lo avrete trovato, fatemelo sapere perché anch’io venga ad adorarlo…”(Mt 2,8). Assicura protezione, promette riconoscimento al Bambino. Una falsità lampante. C’è da dire che esiste pure la falsità di alcune persone che si “sente” anche quando non parlano. Ma i Magi non sono ingenui. Il peggior difetto di chi si crede furbo è pensare che gli altri siano stupidi. Grazie anche al sogno di turno, I Magi sabotano il piano di Erode, imboccando un’altra strada.
A mo’ di conclusione, anche noi, come i Magi, offriamo qualcosa a quel Bambino: sarà poco, non importa. Se dato con semplicità di cuore il niente in mano a Dio diventa il tutto.

Dei Magi nel Vangelo non se ne parlerà più. Se ne vanno, come se ne vanno le feste di Natale, lasciandoci una nostalgia, la nostalgia di Dio, lasciandoci una stella in fondo al cuore.

mercoledì 1 gennaio 2014

SOLENNITÀ DI MARIA MADRE DI DIO

                      
Nel nome del Padre inizia il segno della croce. Nel nome della Madre inizia il segno della vita. Nel nome della Pace inizia l’anno nuovo, sbocciato con l’attimo-ponte della mezzanotte. Davanti a questo anno-baby (ha neanche un giorno di vita!), Dio ci manda un concentrato di auguri che si chiama “benedizione”, che non è indirizzata genericamente a tutti ma ad ogni “tu”: “Il Signore ti benedicati custodiscati conceda pace …”. Una benedizione non a taglia unica ma personalizzata. E’ impartita col “tu”. Dio si china su ciascuno di noi, cammina con me e, quello che io sono, come nodo di sole e di buio, diventa un confine del suo cielo. Intercettato dalla benedizione di Dio e, a mia volta, diventato benedizione, devo benedire gli altri. Benedire è un verbo che contiene vita da trasmettere, un verbo da prendere alla lettera: bene-dire, dire bene!... Dire cose positive agli altri ma anche dire cose positive sugli altri. Non sporcare i fratelli con le malignità o le calunnie, usare tolleranza zero verso le cosiddette chiacchiere. Papa Francesco, nei giorni scorsi, ci ha addirittura chiesto di fare l’obiezione di coscienza verso quelle chiacchiere che nascono da critiche corrosive, pregiudizi, risentimenti, invidie, gelosie. Non si uccide una persona solo con un’arma ma anche con le chiacchiere. Sì, si è “omicidi” e non troppo tra virgolette!
E come si fa a far “risplendere il proprio volto” sull’altro? A meno che non si sia degli inguaribili attori, il nostro volto è la finestra del nostro cuore, racconta, traduce e tradisce che cosa ci abita dentro. “Far risplendere il volto”, è anche uno splendido semitismo che indica il sorriso di una persona: non per niente quando sorridiamo il nostro volto si illumina. Il sorriso, che è il più bel biglietto di autopresentazione, può essere il nostro piccolo e quotidiano contributo alla pace. Avvaliamoci quindi della facoltà di sorridere sempre e nonostante tutto: è una bella terapia, non ha effetti collaterali. Ha certamente una ricaduta in positivo su chi vive con noi.

I nostri primi passi nel 2014 sono illuminati dai pastori che “senza indugio” (festinantes) vanno dal bambino che cambia e trasforma la loro vita. Essi sono davvero  l’icona cui guardare in queste ore. “Senza indugio”. Per fare anche noi un pieno di stupore che abiti tutti le 8760 ore del nuovo anno. Questa solennità ci fa anche ritrovare la dolcezza di ridiventare bambini che hanno bisogno di gettare le braccia intorno al collo della Madonna. Affidiamoci a Maria, che offre a tutti il suo Bambino, soprattutto con il Rosario, con il quale lei ci fa tanti regali! All’inizio dell’anno nuovo mettiamo tutti i nostri desideri e le nostre eventuali paure nelle mani di Maria. Non c’è posto più sicuro. Garantito.

Buon Anno, per ogni giorno del nuovo anno!