Siamo qui riuniti a celebrare l’Eucarestia nel ricordo delle 18 apparizioni della Madonna a Lourdes, avvenute tra l’11 febbraio e il 16 luglio del 1858, ad una ragazzina quattordicenne analfabeta, Bernardette Soubirous. Oggi Lourdes è uno dei più grandi luoghi di pellegrinaggio, è una capitale della preghiera e delle conversioni. Molti vanno a chiedere il miracolo della guarigione fisica. Lourdes è in realtà come la mano tesa di un mendicante, un collage di migliaia, di milioni di mani spalancate. Il miracolo che tutti ricevono a Lourdes è un miracolo quotidiano e umile: la speranza. Speranza come un filo sottile ma forte, come il rosario stretto tra le dita della mano quasi ad aggrapparcisi. Un miracolo che non è registrato dai giornali ma si legge nelle faccia di coloro che se ne escono da quel santuario. L’ospedale è un po’ un pianeta del dolore, un mosaico di sofferenze fisiche. So che sono presenti diversi operatori sanitari, medici, in- fermieri e volontari e li ringrazio per questo gesto di partecipazione. Siamo tutti certi della professionalità e della sensibilità che vi impegna a servizio dei vostri malati, protagonisti all’ingrosso o al dettaglio (a secondo della malattia) delle vostre cure. Il mondo del dolore invoca il vostro amore.
Qui, in mezzo a noi, ci sono dei fratelli e delle sorelle provati dalla malattia, che stano facendo esperienza della fragilità della vita, dei propri limiti. E magari, sul panno già sfibrato della loro permanenza in ospedale, si sono aggiunte sofferenze supplementari o problemi vari dei loro famigliari. E a loro, che convivono con il dolore, che mi rivolgo adesso in modo particolare, chiedendo però scusa per ogni parola di troppo. Voi non dite niente ma dite tutto. Siete cattedre luminose. La malattia è una grande scuola, ma una scuola difficile. A questa scuola spesso siete chiamati a far compagnia ai rantoli di Cristo in croce. E’ una scuola dove non contano le parole, contano le lacrime, soprattutto quelle che non arrivano agli occhi ma si fermano al cuore. E’ una scuola dura dove i progressi non sono misurati dai libri che si leggono ma dalle ore e dai giorni segnati da un dolore fisico spesso ostinato e persistente. E’ una scuola dove la promozione non è espressa dal giudizio degli uomini ma è scritta da Dio il quale ben sa ciò che amaramente sopportate. Il Crocifisso è di questa scuola l’unico testo valido. Alla scuola del doloro c’è stato anche Gesù.
La Madonna, in questo momento parla a ciascuno di voi, malati. E vi dice così: Dio sa che ci sei e chi sei. Quante volte, magari nelle interminabili notti senza sonno e senza riposo, in quelle matinate noiose, in quei pomeriggi che non finiscono mai, ti sei sentito solo ad affrontare la tua sofferenza fisica e forse, proprio per questo, hai provato un senso di grande inutilità della tua vita e ti sei detto: ma che ci sto a fare io al mondo? Ti sei sentito come un povero in cerca di surrogati di speranza. Ebbene Dio in quei momenti viene sempre a trovarti in punta di piedi. Quando accanto al tuo letto non c’è nessuno, Lui c’è sempre, come ricorda un versetto del Salmo 34:”Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito” (Sl 34,18). La tentazione di ribellarsi o di rassegnarsi è facile e comprensibile. Occorre invece reagire con tutte le forze con fiducia nei medici e nelle medicine certo ma anche mettersi in cooperativa con la croce di Cristo. Questo è un punto inquietante e difficile, ma vero. Quando non ce la fai più, chiamalo il tuo Signore, non è necessario urlare, non può non sentirti. E’ appena inchiodato dietro di te. Ha un nome breve: Gesù.
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