Questa festa viene a chiudere significativamente la Settimana di preghiera per l’unità delle Chiese che dipende dalla nostra conversione a Cristo. Conversione è la scoperta che un Altro vive in me. Questo è straordinario ma anche salutarmente rischioso perché ci obbliga inevitabilmente a cambiare tante cose. La porta dell’unità poi va attraversata in ginocchio, cioè con un supplemento quotidiano di preghiera.
Anche se, al dire di molti, questa Festa più che “della conversione di San Paolo”, dovrebbe forse essere chiamata “festa del mistero di un incontro”, incontro accaduto come un lampo in un temporale estivo. Incontro decisivo che ha strappato Saulo dal grembo della sinagoga per farlo venire alla luce di Cristo come Paolo.
Paolo il gigante, Paolo l’Apostolo, Paolo il fuoco che ha spalancato i cancelli in cui si stava chiudendo il cristianesimo, nella piccola cerchia di Gerusalemme. Paolo il missionario che percorre migliaia di chilometri per annunciare Cristo, Paolo che tiene i contatti con le comunità cristiane attraverso lettere dense e pregnanti. Tutto è iniziato in quel viaggio verso Damasco, strada che lo stava portando alla violenza. E’ dovuto cadere in terra, con le sue presunte certezze, il fariseo rabbioso per riconoscere il Nazzareno. Ha dovuto assaporare l’amara cecità del proprio fanatismo per spalancare lo sguardo alla verità del Figlio di Dio. Ha dovuto affidarsi al fragile e timoroso Anania per ritrovare la luce degli occhi e del cuore.
Cerchiamo di assomigliare a Paolo e non a Saulo.
Chiediamo al Signore la grazia di una vera conversione del cuore, affinché, come Paolo, possiamo arrivare a dire non un giorno, ma ogni giorno: “Per me vivere è Cristo” (Fil 1,21).
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