Solo l’evangelista Giovanni ci riporta l’episodio delle nozze di Cana, il primo segno con il quale Gesù, dopo 30 anni di silenzio, manifesta la sua gloria. Una pagina che richiederebbe una prolungata lectio divina perché è tutta intarsiata di riferimenti e simbolismi biblici. A Cana, tra quei commensali, probabilmente ci siamo anche noi.
Un segno insolito. Non una guarigione, non un esorcismo, ma seicento litri di vino regalati ad un banchetto di matrimonio. Un matrimonio un po’ strano perché le figure degli sposi sono del tutto marginali. Certamente Dio è presente dove tutto è un immenso pianto ma si trova a suo agio dove c’è gioia, dove c’è vita. Un Dio felice che da il piacere di vivere. Dio si lascia coinvolgere dalle nostre sofferenze ma anche dalle nostre gioie. A Cana nasce la teologia trasparente della gioia, della quale il vino è un simbolo luminoso. Siamo nell’anno della fede e, possiamo dire, la gioia è un respiro della fede e per questo essa, la gioia, fa della nostra vita un catechismo vivente.
L’aria lugubre, un viso spento, tirato, quasi patibolare non è una lode a Dio ma lo è un viso gioioso o che almeno si sforza di essere tale.
“C’era la madre di Gesù…”:non è un semplice dettaglio di cronaca. E’la notizia più importante. Non è una indiscrezione sull’elenco degli invitati a nozze ma l’annuncio di una presenza, quella di Maria, anche nella vita di ognuno di noi.
“C’era…” – c’è la madre di Gesù.
Quando la nostra croce ci risulta troppo pesante, qui c’è Lei.
Se la vita ti riserva delusioni assortite e forse sconcertanti, c’è Lei.
C’è questa Madre che veglia su di noi. Maria si mette sempre dalla parte di chi sta male. Maria si accorge quando “non abbiamo più vino”, cioè quando abbiamo poca pace interiore, quando la fede sembra annaspare, quando la sofferenza bussa alla nostra porta, quando siamo troppo abitati dall’inflazione di qualcosa che non va, quando siamo estenuati da sentimenti, pensieri, da qualcosa che non va. “Non hanno più vino…”: quando ci manca quel “non so che” di festa interiore di seenità. Quando mancano forse piccoli perdoni, piccoli sorrisi, piccoli gesti per eliminare tensioni.
Maria ha avuto uno sguardo circolare, attento, delicato, premuroso. Chiediamole anche di convertire il nostro sguardo. A volte i nostri occhi sono accesi da una luce che non è proprio quella dell’amore fraterno. Sono solo pronti a cogliere le inadempienze degli altri ed restii ad ammettere le nostre, specialisti nello scorgere i difetti degli altri.
Alcune volte, forse, l’acqua della nostra vita è un po’ inquinata da prove, fatti e situazioni o, addirittura ci sembra che la nostra barca faccia acqua da tutte le parti. Occorre allora ascoltare quelle che sono, nel Vangelo, le ultime parole di Maria. Il suo testamento spirituale. “Fate quello che vi dirà”… Lasciamo che Gesù intervenga anche alla tavola della nostra vita personale perché ci porti il vino giusto, in quantità e qualità tali da far dimenticare il nostro che si esaurisce subito.
Non avviciniamoci con il contagocce quelle sei giare traboccanti di acqua cristallina che Gesù muta in vino raffinato. Non ci deve essere lo scrupolo dello spreco. Lasciamo che Gesù ritenti anche per noi lo stesso miracolo. A Cana è rimasta ancora una discreta provvista di vino: è per ciascuno di noi.
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