domenica 10 giugno 2012

SOLENNITA' DEL CORPO E SANGUE DI CRISTO (B)

"Dov'è la mia stanza, perché io vi possa mangiare la mia Pasqua?" (Mc 14,14). La "mia" stanza. Strano quel "mia". "Mia" come "miei" discepoli. Quella stanza è "sua" perché lì sarebbe avvenuto il gesto più "suo", quello che era la sintesi della sua vita. Gesù pronuncia la tradizionale benedizione, ma poi ecco, a sorpresa quelle misteriose parole: "Questo è il mio corpo", che nella mentalità orientale significano: "Questo sono io!". E poi e ancora: "Questo è il mio sangue", che nel linguaggio orientale significa: "Questa è la mia vita". Nell'Eucarestia ogni uomo, di ogni tempo e ogni luogo, vive in contemporaneità con il mistero di morte e risurrezione di Gesù. Questo è possibile grazie allo Spirito Santo che, nelle parole del celebrante, trasforma il pane e il vino nel corpo e nel sangue del Signore. Non si tratta di un semplice ricordo, come sostiene il pensiero protestante, ma di riattualizzare, rendendolo presente ed efficace quanto Gesù ha fatto nell'ultima Cena. E' l'Alleanza nuova siglata non come quella antica dal sangue anonimo di un animale ma da quello di Cristo.

L'istituzione dell'Eucarestia, presenza reale e sostanziale, è un gesto di sconcertante profondità. Avrebbe potuto rimanere in mezzo a noi in mille altri modi e in forme inequivocabili, per convincerci al cento per cento e smuovere pure i più dubbiosi. Invece no. Non sarebbe stato nel suo stile... Decide di rimanere in mezzo a noi nel segno umile, semplice, fragile, quotidiano di un pezzetto di pane e di un po' di vino. Ad ogni Eucarestia è Dio che ci cerca e ci chiama: "Beati gli invitati alla cena del Signore...". La piccola ostia sa di niente, leggera come un'ala, eppure, ci fa affacciare sull'immensità di Dio. In noi si deposita l'orma lieve di Dio, lieve come l'ostia. Dio ci scorre nelle vene. Lo ricevo dentro di me e abita in me: divento la sua stanza.

L'Eucarestia, memoriale della Pasqua di Cristo, è un dono trinitario. L'eucarestia non è un dono, è IL dono. Con essa abbiamo tutto - il Paradiso a portata di mano -  e nulla ci manca. Dio non può dare nulla di meno di se stesso. Cosa vogliamo di più? Nell'Eucarestia confluiscono, come a un solo mare, i fiumi di grazia degli altri Sacramenti. Tutto nasce e parte dall'Eucarestia, fons et culmen della vita cristiana. Eucarestia celebrata, Eucarestia ricevuta.
Eucarestia adorata.

Il tempo regalato all'Eucarestia nell'adorazione silenziosa e orante è il tempo più utile, meglio speso, per chi la compie. La lampada rossa, posta accanto al tabernacolo e che indica la presenza del SS.mo Sacramento, non diventa mai verde per farci andare via, ma ci trattiene, col suo colore rosso, per darci se stesso.
Eucarestia vissuta. L'Eucarestia non è solo rito e non è solo adorazione. Essa è scuola di fraternità. Diventa santuario di incontri. Non si può stare con Lui senza andare con Lui. Cioè stare in adorazione davanti al suo Corpo ci porta lontano dal nostro io per farci approdare là dove Lui ci attende. In altri tabernacoli. Talvolta sono tabernacoli scomodi. Per essere come Lui un dono d'amore. Per essere pane buono, genuino per gli altri. "Mangiato" dagli altri. Non stantio o ammuffito dall'egoismo. Dal Corpus Domini al corpus hominis: dall'altare fisso all'altare che cammina...il nostro fratello. Se io non adotto la grammatica eucaristica, se non mi faccio pane per ogni persona che conosco o incontro, Dio rimane senza epifania sulla terra. Con una comunione che si stratifica a diversi livelli come tonalità diverse dello stesso colore.

Nessun commento:

Posta un commento