Ma non mancano altri riferimenti più o meno diretti circa lo
Spirito Santo. Nell'uso, per sei volte, dell'aggettivo "spirituale" abbinato ad
"arte": l'arte spirituale è il primo lavoro da esercitare nel
monastero, come pure lo stesso aggettivo
"spirituale" unito
ai sostantivi "desiderio" e "padre".
Come quel giorno gli Apostoli con Maria, anche noi
stasera, siamo "omnes pariter in eodem loco" (At 2,1), infatti mi
sembra che ci siamo tutti o quasi. Come comunità monastica, chiediamo di essere
investiti anche noi dallo Spirito Santo. E con eccesso. Oltre ad un amore
preferenziale e senza ripensamenti per Cristo ed ai sempre indispensabili sette
doni (sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, scienza, pietà, timor di Dio)
ci dia pure i suoi nove frutti come riportati nell'elenco di S. Paolo nella
Lettera ai Galati : "amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza,
bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sè" - tutti ingredienti necessari
per un'armoniosa vita comunitaria - ma ci porti anche doni più piccoli, forse
più semplici: la gioia di vivere insieme, l'accettazione del fratello così
com'è, il perdono reciproco, la serenità, la trasparenza, l'ordine, l'intensità
sincera nelle variegate relazioni interpersonali, l'arte degli istanti felici.
Tutto questo e altro ancora. E, in modo speciale, un amore preferenziale e
senza ripensamenti per Cristo. Lo Spirito Santo soprattutto operi in noi una
autentica "sanatio in radice"
come direbbero i canonisti, cioè sradichi dal nostro cuore la radice velenosa
dell'egoismo che intossica la vita fraterna e, al suo posto, trapianti la
radice sana dell'amore.
sabato 26 maggio 2012
VEGLIA DI PENTECOSTE
Sul fondale
dell'Anno liturgico nel quale si colloca e si dipana il tempo cronologico del
cristiano riscattandolo da una piatta neutralità, emerge la solennità della
Pentecoste sbocco e vertice del tempo pasquale: Gesù, risorto e asceso al
Padre, dona il suo Spirito per rinnovare l'umanità. In questo momento mettiamo
le nostre vite personali, come cetre al vento dello Spirito Santo, perché esse
risuonino una polifonia che si accordi con il Vangelo. Lo Spirito Santo:
travolgente come un ciclone, leggero come un soffio, delicato come un respiro,
inaspettato come un dono. Ma entrando "in rete" con tutta la Chiesa
vogliamo compiere una breve sottolineatura meditativa che sia anzitutto di
taglio monastico. Che cosa ci dice S. Benedetto dello Spirito Santo? La Regola
non è evidentemente un libro ispirato allo stesso modo e titolo dei 73 libri
che formano la Bibbia, ma se la leggiamo "apertis oculis" e "adtonitis
auribus" (RB, Prl 9) intercettiamo una presenza dello Spirito Santo e
perciò, a ben diritto, la definiamo "Santa" Regola. Santa dunque non
solo perchè stata scritta da un Santo, santa non solo perché in più di 15
secoli ha plasmato e donato l'aureola a tanti monaci e monache, ma santa anche
perché è attraversata dalla brezza dello Spirito Santo. La Regola menziona la
terza Persona della Trinità, consustanziale al Padre e al Figlio, solo quattro
volte: nel Prologo, riportando un'espressione dell'Apocalisse: "Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti ciò
che lo Spirito dice alle Chiese" (Ap 2,7); nel capitolo secondo,
"Quale deve essere l'abate", con una citazione di Rm 8,15 : "Avete ricevuto lo Spirito che rende figli
adottivi,per mezzo del quale gridiamo Abbà! - Padre!" ; in chiusura
del capitolo settimo "L'umiltà", virtù che si acquisisce grazie
all'azione dello Spirito Santo; e, infine, nel capitolo 49,6
"Dell'osservanza della Quaresima", dove riporta una citazione di I
Tess 1,6: "con la gioia dello
Spirito Santo".
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