sabato 26 maggio 2012

VEGLIA DI PENTECOSTE

Sul fondale dell'Anno liturgico nel quale si colloca e si dipana il tempo cronologico del cristiano riscattandolo da una piatta neutralità, emerge la solennità della Pentecoste sbocco e vertice del tempo pasquale: Gesù, risorto e asceso al Padre, dona il suo Spirito per rinnovare l'umanità. In questo momento mettiamo le nostre vite personali, come cetre al vento dello Spirito Santo, perché esse risuonino una polifonia che si accordi con il Vangelo. Lo Spirito Santo: travolgente come un ciclone, leggero come un soffio, delicato come un respiro, inaspettato come un dono. Ma entrando "in rete" con tutta la Chiesa vogliamo compiere una breve sottolineatura meditativa che sia anzitutto di taglio monastico. Che cosa ci dice S. Benedetto dello Spirito Santo? La Regola non è evidentemente un libro ispirato allo stesso modo e titolo dei 73 libri che formano la Bibbia, ma se la leggiamo "apertis oculis" e "adtonitis auribus" (RB, Prl 9) intercettiamo una presenza dello Spirito Santo e perciò, a ben diritto, la definiamo "Santa" Regola. Santa dunque non solo perchè stata scritta da un Santo, santa non solo perché in più di 15 secoli ha plasmato e donato l'aureola a tanti monaci e monache, ma santa anche perché è attraversata dalla brezza dello Spirito Santo. La Regola menziona la terza Persona della Trinità, consustanziale al Padre e al Figlio, solo quattro volte: nel Prologo, riportando un'espressione dell'Apocalisse: "Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese" (Ap 2,7); nel capitolo secondo, "Quale deve essere l'abate", con una citazione di Rm 8,15 : "Avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi,per mezzo del quale gridiamo Abbà! - Padre!" ; in chiusura del capitolo settimo "L'umiltà", virtù che si acquisisce grazie all'azione dello Spirito Santo; e, infine, nel capitolo 49,6 "Dell'osservanza della Quaresima", dove riporta una citazione di I Tess 1,6: "con la gioia dello Spirito Santo".

Ma non mancano altri riferimenti più o meno diretti circa lo Spirito Santo. Nell'uso, per sei volte, dell'aggettivo "spirituale" abbinato ad "arte": l'arte spirituale è il primo lavoro da esercitare nel monastero, come pure lo stesso aggettivo  "spirituale" unito ai sostantivi "desiderio" e "padre".
Come quel giorno gli Apostoli con Maria, anche noi stasera, siamo "omnes pariter in eodem loco" (At 2,1), infatti mi sembra che ci siamo tutti o quasi. Come comunità monastica, chiediamo di essere investiti anche noi dallo Spirito Santo. E con eccesso. Oltre ad un amore preferenziale e senza ripensamenti per Cristo ed ai sempre indispensabili sette doni (sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, scienza, pietà, timor di Dio) ci dia pure i suoi nove frutti come riportati nell'elenco di S. Paolo nella Lettera ai Galati : "amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sè" - tutti ingredienti necessari per un'armoniosa vita comunitaria - ma ci porti anche doni più piccoli, forse più semplici: la gioia di vivere insieme, l'accettazione del fratello così com'è, il perdono reciproco, la serenità, la trasparenza, l'ordine, l'intensità sincera nelle variegate relazioni interpersonali, l'arte degli istanti felici. Tutto questo e altro ancora. E, in modo speciale, un amore preferenziale e senza ripensamenti per Cristo. Lo Spirito Santo soprattutto operi in noi una autentica "sanatio in radice" come direbbero i canonisti, cioè sradichi dal nostro cuore la radice velenosa dell'egoismo che intossica la vita fraterna e, al suo posto, trapianti la radice sana dell'amore.

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