domenica 20 maggio 2012

SOLENNITA' DELL'ASCENSIONE (B)

Il cielo è Qualcuno! E' in fondo questo il messaggio che la solennità dell'Ascensione, che nella versione di Marco risulta un centone di episodi riportati dagli altri evangelisti; essa ci vuole anche trasmettere l'invito ad impegnarci, sul ritmo binario "andate...predicate", a continuare la missione di Gesù. L'Ascensione non è una fuga di Gesù ma il ritorno alla comunione della Trinità.
Vi ritorna portandosi dietro tutta la sua umanità, trasfigurata dalla Risurrezione. Porta in Dio tutte le luci e le ombre della nostra umanità. L'Ascensione è una festa difficile: come si può far festa per uno che se ne va? Il Signore Gesù non è andato più lontano, ma, incredibilmente più vicino di prima. Se prima era insieme con i discepoli, ora sarà dentro di loro. Gesù siede alla destra del Padre: non è il particolare di un solenne cerimoniale celeste ma è la certezza della presenza eterna di Gesù in mezzo a noi, incisa in un "per sempre", senza limiti di tempo e di spazio. Quei suoi piedi che hanno camminato duemila anni fa in Palestina girano oggi per le nostre strade...e grazie anche a noi, se siamo gioiosi e attivi testimoni della nostra fede, moltiplicando le presenze del Risorto.

Gesù, in mezzo a noi, è un clandestino speciale: moltiplica le sue tracce perché possiamo trovarlo. E' anche sulla strada concreto, quotidiana talvolta scomoda e sofferta delle persone che stanno con noi che si trova la strada del cielo. Con l'Ascensione inizia anche la nostra nostalgia del cielo. Per molti tra noi la vita nel cielo non è altro che un'appendice, un supplemento alla vita terrena, una specie di post-scriptum di quel libro che è la vita terrena, considerata il vero testo. In realtà è il contrario: la vita sulla terra è solo la prefazione di quel libro il cui testo è la vita del cielo che ci attende. Ognuno di noi è un nodo di sangue e di cielo. Ma bisogna vivere da "ascesi", cioè da orientati ad un destino più grande. Gesù prende la via del cielo dopo aver dato ai discepoli la direzione di marcia. Si sottrae alla loro vista ma non alla loro vita. Anzi, prolunga la sua missione attraverso loro, attraverso noi suoi discepoli del terzo millennio.
 L'ultimo versetto che chiude il vangelo di Marco e apre quel "vangelo" che è la nostra vita, dice: "Il Signore operava insieme con loro" (Mc 16,20). Questo ci suggerisce che non agiamo con la nostra sola forza ma in essa, c'è sempre, intrecciata la forza di Dio. Il cristiano, responsabile della sua vocazione battesimale, lavora per il Regno di Dio in cooperativa con Gesù che è rimasto impigliato nel folto della nostra vita. Come ricordava un Santo: "Sulla terra Dio passeggia con noi" (S. Germano). Impariamo a coniugare cielo e terra, senza confonderli.  Se ci attardiamo a guardare sempre e solo l'alto, l'angelo ci strattona e ci dice: "Perché state a guardare il cielo?" (At 1,11). Sono parole degli Atti degli Apostoli (1a Lettura) che, a differenza di Marco che la accenna appena, narrano con maggiore ampiezza l'Ascensione. La via per il cielo è la strada in terra. Siamo fatti per il cielo ma ci arriviamo percorrendo i polverosi sentieri della terra. Siamo come alberi alla rovescia: le radici in cielo e i frutti sulla terra!
L'Ascensione inaugura il tempo della Chiesa con la sua storia di moltissime luci e di qualche ombra dovute alla inevitabile fragilità umana. Un proverbio ricorda: fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce! Guardiamo e non dimentichiamo le sue luminose pagine di santità, di generosa opera di servizio e promozione umana e sociale, pagine di dono, di martirio, di evangelizzazione. Un giorno, un giornalista che intervistava Madre Teresa gli ha chiesto: "Madre Teresa, cosa non va nella Chiesa?". Lei ha risposto: "Io e te non va nella Chiesa". La Chiesa siamo noi.

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