A volte non basta tutta
la vita per dimenticare un certo momento e, a volte, basta un certo momento per dimenticare tutto
il resto della vita. E’quanto è successo a Simeone e Anna, che incontrano il
bambino Gesù portato dalla sua giovanissima mamma. Oggi sarebbe un
cliccatissimo video su youtube. Tra
un respiro e un’emozione comincia a vivere in loro due qualcosa di stupendo che
nessuno potrà mai cancellare.
Simeone e Anna, questi
due habitués del Tempio, nonostante
l’età, hanno conservato la giovinezza, spostandola semplicemente dal viso al
cuore. Non sono rimasti arrotolati sul passato. Più che accumulare anni, hanno
accumulato fiducia che è parente stretta della speranza. Ci insegnano a
praticare il culto della speranza, che non significa aggrapparsi alle nuvole ma
credere che non ci si deve fermare al fotogramma del momento e ad avere gli
occhi ostinatamente puntati sul futuro. Hanno impastato sabbia (la vita di ogni
giorno) e sogni (il desiderio ostinato di vedere il Messia). Come girasoli al
sole, hanno pazientato per un lunghissimo inverno sicuri che la primavera
sarebbe venuta ad incontrarli. Ed ecco che hanno tra le loro braccia
scheletrite l’eterna giovinezza di Dio. Ecco qui il cammino della vita, di ogni
vita. Soprattutto di quella consacrata, umilmente e gioiosamente testimoniata,
di cui oggi ricorre la Giornata. Essa ha un fascino avvincente perché nasce dal
codice del dono di sé. E’ un percorso d’amore: dalla gratitudine alla gratuità.
Ci sono persone che si
credono speciali, altre invece silenziosamente lo sono. Come Simeone e Anna.
Non si sono lasciati
piallare dalla vita di ogni giorno. Qui
c’è un’indicazione anche per noi: il solito tran-tran quotidiano, il solito
orario, il solito giro di persone, il solito menù esistenziale … il solito: ma
deve essere per forza proprio cosi? Dipende tutto da noi: se Dio abita nel
cuore, siamo abilitati ad andare oltre le apparenze; nel cosiddetto “solito”
possiamo arrivare a scorgere l’insolito, il nuovo, la sfumatura inedita. Le
cose non sempre sono come sono, ma spesso sono come noi siamo. Se cambiamo il
modo in cui guardiamo le cose, le cose che guardiamo cambiano.
Il Signore ci viene
incontro ogni giorno. A questo
appuntamento quotidiano si presenta come un bambino, per entrare meglio nella
nostra vita, perché non abbiamo esitazioni e paure nel prenderlo nelle nostre
braccia. L’abbraccio, che non è a taglia unica, ci fa consegnare il cuore a chi
lo riceve, facendo però attenzione a che non diventi un ostaggio per
condizionarci. Il primo segno di un amore vero è la libertà che ci lascia. Così
fa anche Dio con noi.
Abbracciare il Signore vuol
dire consegnargli la nostra vita, anche se ciò ci costringe a mischiarne le
carte, per darle una svolta positiva.
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