domenica 2 febbraio 2014

2 Febbraio: PRESENTAZIONE DEL SIGNORE

                                          
A volte non basta tutta la vita per dimenticare un certo momento e, a volte,  basta un certo momento per dimenticare tutto il resto della vita. E’quanto è successo a Simeone e Anna, che incontrano il bambino Gesù portato dalla sua giovanissima mamma. Oggi sarebbe un cliccatissimo video su youtube. Tra un respiro e un’emozione comincia a vivere in loro due qualcosa di stupendo che nessuno potrà mai cancellare.
Simeone e Anna, questi due habitués del Tempio, nonostante l’età, hanno conservato la giovinezza, spostandola semplicemente dal viso al cuore. Non sono rimasti arrotolati sul passato. Più che accumulare anni, hanno accumulato fiducia che è parente stretta della speranza. Ci insegnano a praticare il culto della speranza, che non significa aggrapparsi alle nuvole ma credere che non ci si deve fermare al fotogramma del momento e ad avere gli occhi ostinatamente puntati sul futuro. Hanno impastato sabbia (la vita di ogni giorno) e sogni (il desiderio ostinato di vedere il Messia). Come girasoli al sole, hanno pazientato per un lunghissimo inverno sicuri che la primavera sarebbe venuta ad incontrarli. Ed ecco che hanno tra le loro braccia scheletrite l’eterna giovinezza di Dio. Ecco qui il cammino della vita, di ogni vita. Soprattutto di quella consacrata, umilmente e gioiosamente testimoniata, di cui oggi ricorre la Giornata. Essa ha un fascino avvincente perché nasce dal codice del dono di sé. E’ un percorso d’amore: dalla gratitudine alla gratuità.
Ci sono persone che si credono speciali, altre invece silenziosamente lo sono. Come Simeone e Anna.
Non si sono lasciati piallare dalla vita di ogni giorno.  Qui c’è un’indicazione anche per noi: il solito tran-tran quotidiano, il solito orario, il solito giro di persone, il solito menù esistenziale … il solito: ma deve essere per forza proprio cosi? Dipende tutto da noi: se Dio abita nel cuore, siamo abilitati ad andare oltre le apparenze; nel cosiddetto “solito” possiamo arrivare a scorgere l’insolito, il nuovo, la sfumatura inedita. Le cose non sempre sono come sono, ma spesso sono come noi siamo. Se cambiamo il modo in cui guardiamo le cose, le cose che guardiamo cambiano.
Il Signore ci viene incontro ogni giorno.  A questo appuntamento quotidiano si presenta come un bambino, per entrare meglio nella nostra vita, perché non abbiamo esitazioni e paure nel prenderlo nelle nostre braccia. L’abbraccio, che non è a taglia unica, ci fa consegnare il cuore a chi lo riceve, facendo però attenzione a che non diventi un ostaggio per condizionarci. Il primo segno di un amore vero è la libertà che ci lascia. Così fa anche Dio con noi.
Abbracciare il Signore vuol dire consegnargli la nostra vita, anche se ciò ci costringe a mischiarne le carte,  per darle una svolta positiva.








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