domenica 9 febbraio 2014

QUINTA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (A)

Voi siete il sale della terra… voi siete la luce del mondo”. Spesso Gesù insegna con il profumo della ferialità cucito addosso. Sembra registrare nei piccoli dettagli dell’ordinario i segreti che fanno autentica la nostra vita. Nessuno fa caso al sale, ma se manca… tutti si accorgono. Quando la luce scompare abbiamo alcuni disagi. Capiamo bene il perché Gesù usi queste due metafore quando consideriamo che la loro prerogativa è il servizio. Il sale e la luce non parlano, ma sono lì dove vengono posti.
“Voi siete il sale della terra, voi siete la luce del mondo”. Gesù usa l’indicativo e non un esortativo o un imperativo… cioè: “siate, dovete essere!” “Sale e luce” infatti lo siamo dal momento del nostro Battesimo. Per pura grazia di Dio nella cella segreta del nostro cuore c’è una lucerna accesa e una manciata di sale. Questa investitura da parte di Gesù ci onora. E’ un dono che ha incorporata una responsabilità. Ma evitando quello zelo amaro cui accenna la nostra Regola (RB 72, 1): “zelus amaritudinis malum”, cioè la tentazione di un certo compiacimento se siamo dei campioni di virtù.
La nostra vita cristiana deve essere determinata da una scaletta di valori evangelici (e monastici, per noi monaci) che ci impegna realizzare quelle che Gesù definisce come “opere buone” (anzi, letteralmente: “belle”), delle quali la Prima Lettura (Is 58, 7-10) ci offre un elenco piut6tosto consistente. E’ un impegno di coscienza che ci aiuta a non preoccuparci di eventuali giudizi altrui. Un grande scrittore ha detto: “Preoccupati più della tua coscienza che della tua reputazione. Perché la tua coscienza è quello che sei, la tua reputazione è quello che gli altri pensano di te. E quello che gli altri pensano di te è problema loro”. Dare alla propria vita il gusto di una storia con Dio. Dare alla propria vita la luminosità di una storia con Dio. Il sale diventa inutile e perciò buttato via non perché perde il suo sapore, ma perché non viene utilizzato per dare sapore ad altro. Così pure per l’immagine simmetrica della luce: una lampada non perde la sua luce se la
si mette sotto un moggio, ma perché così risplende solo per se stessa e perciò è inutile.

Se il sale deve scomparire nel cibo per realizzare la sua funzione, la luce al contrario si deve vedere perché fa emergere le cose. Nascondimento e visibilità, sono il doppio binario del cristiano. Ognuno di noi, come sale deve portare vita, fecondità, il gusto della Parola di Dio là dove vive; come luce, la cui sola sorgente è Gesù stesso, deve “accarezzare” la vita degli altri per rivelarne la bellezza spirituale nascosta. 

domenica 2 febbraio 2014

2 Febbraio: PRESENTAZIONE DEL SIGNORE

                                          
A volte non basta tutta la vita per dimenticare un certo momento e, a volte,  basta un certo momento per dimenticare tutto il resto della vita. E’quanto è successo a Simeone e Anna, che incontrano il bambino Gesù portato dalla sua giovanissima mamma. Oggi sarebbe un cliccatissimo video su youtube. Tra un respiro e un’emozione comincia a vivere in loro due qualcosa di stupendo che nessuno potrà mai cancellare.
Simeone e Anna, questi due habitués del Tempio, nonostante l’età, hanno conservato la giovinezza, spostandola semplicemente dal viso al cuore. Non sono rimasti arrotolati sul passato. Più che accumulare anni, hanno accumulato fiducia che è parente stretta della speranza. Ci insegnano a praticare il culto della speranza, che non significa aggrapparsi alle nuvole ma credere che non ci si deve fermare al fotogramma del momento e ad avere gli occhi ostinatamente puntati sul futuro. Hanno impastato sabbia (la vita di ogni giorno) e sogni (il desiderio ostinato di vedere il Messia). Come girasoli al sole, hanno pazientato per un lunghissimo inverno sicuri che la primavera sarebbe venuta ad incontrarli. Ed ecco che hanno tra le loro braccia scheletrite l’eterna giovinezza di Dio. Ecco qui il cammino della vita, di ogni vita. Soprattutto di quella consacrata, umilmente e gioiosamente testimoniata, di cui oggi ricorre la Giornata. Essa ha un fascino avvincente perché nasce dal codice del dono di sé. E’ un percorso d’amore: dalla gratitudine alla gratuità.
Ci sono persone che si credono speciali, altre invece silenziosamente lo sono. Come Simeone e Anna.
Non si sono lasciati piallare dalla vita di ogni giorno.  Qui c’è un’indicazione anche per noi: il solito tran-tran quotidiano, il solito orario, il solito giro di persone, il solito menù esistenziale … il solito: ma deve essere per forza proprio cosi? Dipende tutto da noi: se Dio abita nel cuore, siamo abilitati ad andare oltre le apparenze; nel cosiddetto “solito” possiamo arrivare a scorgere l’insolito, il nuovo, la sfumatura inedita. Le cose non sempre sono come sono, ma spesso sono come noi siamo. Se cambiamo il modo in cui guardiamo le cose, le cose che guardiamo cambiano.
Il Signore ci viene incontro ogni giorno.  A questo appuntamento quotidiano si presenta come un bambino, per entrare meglio nella nostra vita, perché non abbiamo esitazioni e paure nel prenderlo nelle nostre braccia. L’abbraccio, che non è a taglia unica, ci fa consegnare il cuore a chi lo riceve, facendo però attenzione a che non diventi un ostaggio per condizionarci. Il primo segno di un amore vero è la libertà che ci lascia. Così fa anche Dio con noi.
Abbracciare il Signore vuol dire consegnargli la nostra vita, anche se ciò ci costringe a mischiarne le carte,  per darle una svolta positiva.