Amore donato, tradito e ridonato. Questo è il grande
messaggio del Giovedì Santo,di ogni Giovedì
Santo.
Le righe del Vangelo
appena proclamato sono le righe della nostra vita e ci proiettano nei tre
giorni più decisivi di Gesù e della nostra fede. Noi siamo assediati dall'amore
di Dio, un amore che si mette in ginocchio per dimostrarcelo. Le sue mani sui
nostri piedi. Non è facile capire un Dio così.
Ma tutto comincia da lì. C'è un pane sulla tavola e c'è del
vino. C'è un pane, ma non è un pane qualunque: è la stessa vita di Gesù. C'è
del vino, ma non è un vino qualunque: ha il colore del sangue. Il gruppo sanguigno
è quello di Gesù di Nazareth. Da quel momento non abbiamo più bisogno di
guardare in alto per cercare Dio. Lui è
un cielo così vicino che per vederlo, basta alzare gli occhi sull'altare alla
Messa, dopo le parole della consacrazione, e lì accarezzare il Paradiso che è a
portata di mano. Lui è lì, presenza viva. "Mistero della fede" ci fa proclamare la liturgia ma si
potrebbe anche aggiungere: mistero dell'amore!
C'eravamo anche noi quella sera. C'eravamo anche noi, così
come siamo. Con i nostri slanci di conversione e con le nostre debolezze. Noi
così facili e pronti talvolta a vendere o a svendere con cattiveria mentale i
nostri fratelli. Eravamo lì anche noi in quella cena di amore e di tradimenti,
cena della gioia di stare con gli amici e dell'amarezza per il loro abbandono.
Sembra che Giovanni filmi la scena al rallentatore quasi a voler inquadrare
tutti particolari: si alzò-depose le
vesti-prese un asciugatoio-se lo cinse-versò dell'acqua-lavò i piedi-li
asciugò. Il primo dei sette verbi usati dall'evangelista è : "si alzò" (Gv 13,4). Un gesto che ha
la solennità di un atto liturgico. Non si può amare e servire senza scomodarsi.
Senza uscire da una certa cornice di egoismo.
Un grembiule. Una brocca. Dell'acqua che tintinna. Per una
liturgia della tenerezza. Gesù non
depone solo le sue vesti, ma depone anche la sua vita ai nostri piedi. Gesù
lava i piedi a tutti. Non alza la testa sopra le caviglie, non fa differenze
tra fedeli e traditori. Ci guarda non dall'alto ma dal basso e ci insegna che
si può guardare un'altro dall'alto in basso solo per aiutarlo ad alzarsi.
Prende tra le mani i piedi di ciascuno di noi e pensa a tutti i nostri passi
sbagliati, alle nostre fughe da Lui. Lava i piedi anche a Giuda che presto
avrebbero oscillato nel vuoto, nella morsa tragica e disperata del suicidio.
Giuda, meglio, nostro fratello Giuda perché ha avuto assegnata in anticipo la
parte riservata a ciascuno di noi. Il gesto di Cristo curvo sui nostri piedi
non ci deve mandare in estasi ma mandare in crisi. Quel gesto ci consegna
l'arte del servizio. E' il testamento di Gesù.
Come Giovanni, recliniamo anche noi la nostra testa
sul petto di Gesù perché dal suo cuore apprendiamo l'arte dell'amore cristiano
che non consiste tanto nell'amare e servire ma nel comprendere che amare è
servire.
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